Il sodalizio che le “opposizioni” a qualsiasi livello vorrebbero tanto vedersi rompere
Giuseppe Conte ed il Documento di Economia e Finanza italiano arrivano a Bruxelles. Siamo alla resa dei conti, e lo conferma il fuoco mediatico di sbarramento che si alza subito un po’ dappertutto, dentro e fuori i confini nazionali.
Quasi tutti i quotidiani italiani spiegano stamattina che quello che sta per aprirsi in sede comunitaria è un vero e proprio processo all’Italia. Vengono riportate ed amplificate le prese di posizione terroristiche dei principali esponenti della UE, Juncker, Ottinger, Moscovici, mentre addirittura la Merkel per quanto stordita dal ceffone bavarese si sarebbe rifatta viva per mettere in guardia l’Italia. Tace solo Macron, et pour cause. Se appena mette il naso fuori dall’Eliseo dovrebbe spiegare cosa ci faceva la sua gendarmerie a Claviere in Val di Susa, territorio italiano, a gettar via migranti come fossero spazzatura.
La campagna terroristica dei signori della UE nasconde un’unica verità di fondo. È l’Unione che ha paura, tanto più dopo che l’Eurobarometro ha rilevato che se si andasse ad un referendum non più del 44% degli italiani voterebbe per restare in Europa. La bocciatura, a qualunque livello, del DEF italiano avrebbe probabilmente questa ed altre conseguenze devastanti senza dover attendere il voto di maggio prossimo, che si preannuncia epocale per chi spera in un cambiamento, da incubo per chi da quel cambiamento vedrebbe portata via la propria poltrona. Se gli italiani si spaventassero e facessero marcia indietro, per questi signori sarebbe forse l’unica via d’uscita.
Tra i perseguitati dai brutti sogni ci sono i nostri democrats, sicuramente. Perfino Renzi, che si appresta ad aprire la nona edizione della Leopolda, torna a farsi vivo, malgrado lui i ceffoni li abbia presi già da tempo ed in maniera ancora più consistente di frau Merkel. Da Martina a Calenda alla Bonafé parlano tutti di Italia che sbanda, e che tra poco farà un frontale con l’Europa. Si augurano tutti l’incidente mortale, tanto il paese peggio di come l’hanno ridotto loro non può ritrovarsi, e loro lo sanno.
A voce più alta della loro parla solo Forza Italia, con Tajani ultimamente più vicino alle posizioni di uno Juncker e quindi preoccupato della propria poltrona piuttosto che delle sorti del suo paese. E con la Gelmini che ormai agisce da portavoce ufficiale di Berlusconi, e questo la dice lunga sulla crisi del centrodestra storico.
Ci si aspetterebbe la consueta punzecchiatura di Mattarella, il bastoncino gettato tra le gambe del governo a cui vorrebbe contendere ormai di fatto il potere esecutivo. Non arriva, ma solo perché il Colle nel frattempo è impegnato a districarsi dal giallo del decreto fiscale.
Di Maio parla di manina che per la seconda volta manomette un testo di legge in procinto di salire al Quirinale per firma e promulgazione. Il Colle smentisce: qui non è mai arrivato niente. Di Maio annuncia esposto contro ignoti e fiducia all’alleato leghista, e risponde al Quirinale precisando che si trattava dell’anticipazione informale che si usa fare in questi casi. Ma il condono, o scudo, o pace fiscale come lo si vuol chiamare, in quel testo c’é eccome, e tra l’altro ai Cinque Stelle non piace.
Commedia delle parti? O trattasi di sabotaggio? E se sì, da che parte proviene? La manina è politica (e allora sottintenderebbe divergenze nella maggioranza che farebbero tanto comodo all’opposizione, se quest’ultima non ci ha avuto mano a sua volta)? O burocratica (e allora torna in mente l’attenzione e la cura che la vecchia Democrazia Cristiana riservava al sottobosco ministeriale che costituiva e costituisce tutt’ora la macchina amministrativa essenziale, da cui ogni provvedimento governativo deve, piaccia o no, passare?
Chi sono gli imbroglioni? Su quale colle, ed in quali stanze stanno? La questione è nell’immediato accademica, basterà che Conte torni da Bruxelles e riesamini, come ha promesso, il testo del decreto. In prospettiva, invece, è una questione essenziale. C’é un mondo che ha paura del governo italiano, un fronte eterogeneo ma che vorrebbe tanto opporsi compattamente alla sua azione: dai burocrati comunitari che vedono agli sgoccioli la loro bella vita a Bruxelles e Strasburgo (a prescindere dall’uso che fanno di alcool e altri generi di conforto), ai politici nostrani che fanno capo a partiti che al governo non ci torneranno probabilmente più (a prescindere che imparino a fare l’opposizione), ai giornalisti a cui sta venendo a mancare l’editore di riferimento, alle organizzazioni – governative e non – che in questi anni hanno prosperato sulla tratta dei migranti spacciata per solidarietà umana e che ora hanno buchi di bilancio più consistenti di quelli che qualcuno dice di vedere nel DEF.
In questi giorni, sui provvedimenti economici e finanziari del governo, si giocano le residue speranze di sopravvivenza di queste ed altre categorie, in Italia e all’estero, che come la Belle Epoque di un secolo fa sentono ormai vicino il rombo del cannone.
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