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Madame la Présidente

La Camera vota la fiducia alle 19,00. A quell’ora, Giorgia Meloni uscirà dalla favola ed entrerà nella storia.

Incantesimi e sortilegi sono tutti ormai dissolti. Mattarella ha dovuto riconoscere che davanti ad un risultato elettorale così chiaro e netto non ‘c’era possibilità di discutere, tantomeno di tergiversare in nome della consueta e desueta prassi costituzionale. Liliana Segre ha ceduto lo scranno al Senato ad Ignazio Larussa. Perfino Enrico Letta, obtorto collo, è costretto ad ammettere che una donna a Palazzo Chigi è un risultato storico, un fattore di civiltà acquisita.

Lei, Giorgia, a Palazzo Chigi ha già incassato l’impatto emotivo – parole sue – del picchetto d’onore che la saluta e la omaggia al momento della sua entrata in carica. Emmanuel Macron l’ha già accreditata intanto come capo del governo italiano, ai francesi certi dettagli non sfuggono, semmai vi aggiungono un baciamano. Manca solo il voto delle Camere, e per quanto fondamentale sia a norma di Costituzione, ormai sembra solo una ratifica formale, un atto dovuto.

Perfino gli alleati sono rientrati nei ranghi. Berlusconi ha rinfoderato i vaffa e si è accontentato di mandare all’estero il più presentabile Tajani. Tanto con Putin lui sa dove e come intendersi. Salvini si è accontentato delle infrastrutture. Accontentato si fa per dire, perché oltre ai suoi vecchi cavalli di battaglia potrà cavalcare la rediviva e costosa boiata del ponte sullo stretto di Messina, vecchia suggestione del centrodestra (e di certe sue aree di sostegno politico, geograficamente e culturalmente parlando).

Come una maestra elementare del tempo che fu, Giorgia se li è chiamati a sedere entrambi in primo banco, come scolari casinisti da tenere d’occhio continuamente durante la lezione. Del resto della squadra, poco da dire. Colpisce Crosetto alla Difesa, e non ai ministeri economici. L’imprenditore prestato (malvolentieri) alla politica l’avremmo visto spendere più volentieri là dove le sue idee ed il suo anticonformismo potevano contribuire egregiamente a far ripartire la nostra economia. Evidentemente le sue ultime attività in campo aerospaziale hanno suggerito diversamente alla Premier che con lui fondò la nuova creatura che ora ha la maggioranza, Fratelli d’Italia.

Giorgia incassa la fiducia stasera alla Camera, domani al Senato. Poi, come dice lo scolaro Salvini pieno di buoni propositi, «tutti negli uffici a lavorare per l’Italia».

Tutti meno lei, crediamo, che si attarderà un po’ di più, da sola, a guardare palazzi e cortili del potere, riflessiva e un po’ commossa sul momento che sta vivendo, lei ragazzina della Garbatella, e che sta facendo vivere al paese.

Gli occhi umidi ce li aveva anche Bettino Craxi, nel 1983, quando ebbe l’incarico di governo e poi lo portò a buon fine. Bettino era un duro. Chissà che Giorgia alla fine non si dimostri più dura di lui.

Fortunata la patria che ha ancora ministri così, che si commuovono.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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