(Nelson Mandela fotografato nella sua vecchia cella a Robben Island)
Nelson Rolihlahla Mandela era nato il 18 luglio 1918 a Mvezo, un piccolo villaggio della provincia di Capo Orientale, Sudafrica. Che fosse un predestinato lo avevano intuito già i suoi genitori alla nascita, il suo secondo nome Rolihlahla significa infatti colui che provoca guai. Il primo lo provocò a 20 anni quando fuggì dal suo villaggio per sottrarsi ad un matrimonio combinato secondo l’uso della sua tribù, la sua prima azione di lotta per la libertà.
A Johannesburg, dove studiò legge e divenne avvocato, si unì all’African National Congress, il partito che si batteva già allora (erano gli anni della Seconda Guerra Mondiale) per l’abolizione della segregazione razziale. Il Sudafrica era allora un paese membro del Commonwealth britannico, e aveva già adottato l’Apartheid come regime ufficiale, solo la razza bianca aveva diritti civili e politici.
Madiba, questo era il nome datogli dal clan Xhosa (la sua etnia di appartenenza), fu promotore negli anni ’50 della Carta della Libertà, il manifesto anti-Apartheid che sarebbe diventato il programma dell’A.N.C. fino alla vittoria finale, e con il suo studio legale fornì assistenza gratuita a tutti coloro, perlopiù neri, che venivano accusati di tradimento e incriminati per essersi opposti al regime segregazionista.
Quando alla fine toccò a lui, nel 1962, era già il leader più famoso dell’A.N.C. e comandante dell’ala militare Umkhonto we Sizwe (Lancia della Nazione) che era stata costituita dal movimento dopo che diversi manifestanti inermi erano stati uccisi dalla polizia e lo stesso movimento era stato dichiarato fuorilegge, ritrovandosi quindi costretto ad operare in clandestinità. Diversamente da Gandhi, il Mandela di allora aveva smesso di credere nella possibilità di una emancipazione razziale per vie pacifiche, non violente.
Condannato all’ergastolo, nei successivi 27 anni, Nelson Mandela restò rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Robben Island, al largo di Capetown. Dalla sua cella continuò a guidare il movimento contro l’Apartheid, il cui regime con il passare del tempo diventava sempre più odioso ed impopolare. Negli anni ’70 ormai il Sudafrica era completamente isolato a livello internazionale, escluso da tutti gli organismi politici e dalle manifestazioni sportive. Lo slogan Mandela libero era uno dei più ricorrenti in tutte le manifestazioni di piazza a qualsiasi latitudine.
Per Madiba, che ancora nel 1985 aveva rifiutato una proposta di libertà condizionata in cambio della rinuncia alla lotta armata, il momento di riacquistare la libertà senza condizioni arrivò finalmente l’11 febbraio 1990. Il mutato clima internazionale con la fine della Guerra Fredda e la convinzione che il mondo fosse entrato in una nuova fase storica in cui i diritti dell’uomo non erano più comprimibili giustificatamente portarono il presidente sudafricano de Klerk a valutare che fosse arrivato il momento di cedere alle pressioni internazionali, ridare legalità all’African National Congress, ridare la libertà al suo leader di fatto (che ne divenne subito Presidente di diritto) e porre fine alla segregazione razziale verso i sudafricani di colore.
Primo presidente nero del Sudafrica dal 1994 al 1999, Mandela ha continuato fino a tempi recenti la battaglia per i diritti civili e politici dei suoi connazionali e per l’accreditamento dell’immagine internazionale del nuovo Sudafrica libero. Uno dei veicoli da lui abilmente individuati per queste operazioni è stato proprio lo sport, l’ambito cioè su cui si era più clamorosamente manifestato l’isolamento internazionale del suo paese nei decenni precedenti alla fine dell’Apartheid.
La nazione che era stata esclusa dalle Olimpiadi a partire dal 1976 a Montreal, contro cui nessuno voleva andare a giocare né a Tennis in Coppa Davis né a Rugby, Calcio o qualsiasi altra disciplina, fu per sua iniziativa organizzatrice di due eventi epocali: i Mondiali di Rugby, organizzati durante la sua presidenza nel 1995 e vinti dagli Springbok, la leggendaria squadra di casa, ed i Mondiali di Calcio del 2010, i primi svoltisi nel continente africano, anche questi fortemente voluti da lui che a causa delle già precarie condizioni di salute e di un grave lutto familiare non pote’ di fatto assistervi, tranne una breve comparsata nella cerimonia di chiusura.
Il grande cuore di Nelson Rolihlahla Mandela detto Madiba, il cuore dell’Africa Nera, cessò alla fine di battere a Johannesburg la sera del 5 dicembre 2013.
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