Come una folgore nel tardo e stanco pomeriggio in cui si dibattono le ultime stagnanti boutades di Cicciobello Mentana, della Sardoni in saor e degli altri giornalisti terrapiattisti della 7, arriva Matteo Richetti e con lui la notizia della sua astensione, che vale un bel No al governo di cui fa parte il partito di cui fu a suo tempo padre fondatore, il PD.
Matteo Richetti è probabilmente una delle poche persone dotate di onestà intellettuale (su quella morale non ci addentriamo, ma non riguardo a Richetti, ci mancherebbe, bensì all’intero PD preso nel suo insieme) in una congrega che si alleerebbe e giustificherebbe convinta l’alleanza con il contenuto della autobotte di un autospurgo, se ciò fosse funzionale alla conquista o alla permanenza al potere.
Dato a Richetti ciò che probabilmente, e non da oggi, è di Richetti, passati i primi istanti di stupore, sorpresa, sconcerto (quando mai uno del PD ha votato contro la linea di partito? se lo ha fatto è per andare a Liberi e Belli, il partito dello shampoo contro Renzi, altrimenti, ma quando mai????), ecco che a livello dapprima subliminale, poi di subconscio, poi infine di coscienza ridestata affiora il pensiero: stai a vedere che Matteo s’é già mosso…..
Dove Matteo non è il buon Richetti, ma l’unico Matteo che a sinistra del nostro schieramento politico conti realmente qualcosa. Quel Renzi che Salvini non aveva ancora detto a Conte «ti sfiduc…..» e Conte non aveva ancora risposto «e che me freg….», che già lui aveva anticipato a tutti (compreso Grillo) come sarebbe andata a finire.
Non è un mistero che Matteo Renzi si stia dando da fare dietro le quinte (ma neanche tanto) per mettere su il suo proprio partito, ai danni numerici della Casa Madre con cui a ben guardare non c’é mai stata corrispondenza d’amorosi sensi, e con il lascito testamentario o la donazione in vita operati in suo favore da Silvio Berlusconi. Che guardacaso ieri si è astenuto. Né si, né no. Astenuto.
Lo sanno tutti che cosa sta facendo Renzi, nelle aule parlamentari e nelle logge massoniche. L’unico dubbio è sul quando, non più sul se. Quando si muoverà Renzi? E come? Lo sa Zingaretti che non a caso non è voluto entrare nel governo Conte bis proprio per avere le mani libere e l’attenzione rivolta alle proprie spalle, mai così indifese come adesso. Il fratello di Montalbano presidierà Via del Nazareno d’ora in poi con la massima attenzione. Se fa tanto di lasciare la sede incustodita una sola mattina…..
Ecco Richetti che spiega al microfono della Sardoni in saor che la sua coerenza e la chiarezza intellettuale gli hanno vietato di votare favorevolmente l’osceno inciucio che è andato in scena tra Montecitorio e Palazzo Madama, ridotti pressappoco ai servizi igienici della nostra cosiddetta democrazia parlamentare con la complicità del professore di Diritto Personale Giuseppe Conte. Ecco che istintivamente si è dunque portati a ringraziare il buon Richetti per aver dimostrato che anche nel PD può nascere un fiore, che anche tra i porci (dice il detto) si possono trovare delle perle. Poi subentra il livello più profondo di coscienza, ed allora viene da pensare che il ringraziamento che il paese dovrà un giorno a Matteo Richetti sarà per avergli reso ben più importante servigio.
Il fatto è che l’ex fondatore del PD che nei prossimi giorni andrà a sedersi in quella terra di tutti e di nessuno che è il Gruppo Misto, dove già siede il suo precursore e compagno di strada Carlo Calenda, si sta muovendo a nome e per conto di ben altro Matteo. E’ l’apripista del Partito di Renzi, o come diamine si chiamerà. La buona coscienza di un Matteo casca a fagiuolo per la buona riuscita di un altro Matteo. E del resto non si lascia una poltrona in questo gioco se non si vede libera quella successiva. E’ il gioco delle sedie politiche, funziona come quelle musicali. Qualcuno alla fine della musica rimane in piedi, e quel qualcuno non vuole essere Matteo Renzi. Che fa muovere le sue pedine per aprirsi la strada per andare a dama. E se Matteo Renzi riesce nell’impresa di liberarci una volta per tutte dal Partito Democratico, gli dovrà essere eretta una statua nella piazza principale di ogni città italiana.
Ha un bel prodigarsi Cicciobello Mentana a paragonare (ci si perdoni il gioco di parole) Richetti a Gianluigi Paragone, apparentemente suo omologo astensionista del Movimento 5 Stelle. Ma Paragone si è astenuto perché è uno che ci aveva creduto, un disilluso che spera di sopravvivere fino a tempi migliori nel Movimento a cui ha sacrificato carriera e intelletto. Richetti ha tutta l’apparenza e l’espressione invece di uno che ci crede ancora, solo che non dice in cosa. E’ troppo poco angosciato dalla sofferta decisione di rompere la disciplina di partito. Forse perché il suo partito già adesso non è più quello che si chiama Democratico.
Renzi ha fatto la sua prima mossa. Pedone in Gruppo Misto. Nei prossimi mesi, cari Delrio e Zingaretti, ci divertiremo. E come dice Salvini, non vi invidiamo per niente.
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