Rodolfo e Maria, interpretati sul grande schermo da Omar Sharif e Catherine Deneuve nel film del 1969
Rodolfo d’Asburgo doveva essere un carattere sensibile quanto introverso come Edoardo Agnelli. E come lui, doveva essere angustiato dal confronto con un padre famosissimo ed altrettanto ingombrante. Francesco Giuseppe è stato l’ultimo dei grandi imperatori Asburgo, è stato uno dei più famosi e importanti della genealogia della famiglia tirolese che aveva conquistato (e mantenuto fino al 20° secolo) il Sacro Romano Impero. Ma a detta di tutti gli storici, e malgrado il favore popolare che si protrae ancora oggi (non è infrequente trovare suoi ritratti evidentemente nostalgici appesi in locali pubblici anche della italianissima Trieste, città redenta nel 1918 dopo una plurisecolare dominazione austriaca), fu una persona dal carattere assolutamente impossibile e dalle idee assolutamente inadeguate al periodo storico che si trovò a governare.
Salito al trono nei giorni delle rivoluzioni liberali del 1848, allorchè sembrava che l’Impero Asburgico avesse i giorni contati, Franz Joseph sopravvisse a quell’impatto sviluppando una profonda avversione verso tutto ciò che era liberalismo, democrazia, volontà popolare. Fu un autocrate, appena un po’ mitigato dal carattere della moglie, quella Elisabetta duchessa di Baviera conosciuta poi come Principessa Sissi, per compiacere la quale si risolse nel 1867 a concedere all’Ungheria lo status di parità con l’Austria, trasformando la madrepatria imperiale in Austria – Ungheria.
Per il resto, Cecco Beppe andò incontro al destino proprio e della propria dinastia (del proprio mondo, si direbbe) senza esitazioni, fino a gettare l’Europa nella Prima Guerra Mondiale di cui non avrebbe visto la fine ed a cui gli Asburgo, come tante altre dinastie, non sarebbero sopravvissuti.
Il 30 gennaio 1889 il mondo fu sconvolto dalla notizia che l’erede al trono di Francesco Giuseppe d’Asburgo, il principe Rodolfo, si era tolto la vita nella residenza di Mayerling nel distretto di Baden, al confine con la Boemia, assieme alla sua amante la baronessina Maria Vetsera, promessa sposa al principe portoghese di Braganza.
A partire dallo shock del momento, furono tante le leggende che fiorirono immediatamente a proposito della tragica vicenda dei due amanti infelici (il padre di Rodolfo, che aveva una scarsa considerazione del figlio da quando aveva mostrato simpatie liberali e addirittura socialiste, gli aveva imposto di troncare la relazione). La principale fu che l’erede al trono non si fosse tolto la vita dopo aver sparato alla sua amante, ma che fosse caduto vittima di – come si direbbe oggi – un complotto dei servizi segreti su mandato della Corte imperiale, che non tollerava più le eccentricità e le scomode prese di posizione del principe.
Di sicuro, il suicidio, vero o presunto, era un episodio imbarazzante oltre che doloroso per la monarchia asburgica. Certamente l’Imperatore dette ordine di addomesticare la scena del crimine e tutta la vicenda, dimostrando che la preoccupazione per l’opinione pubblica internazionale ed i rapporti con le altre teste coronate superava in lui il dolore di padre.
Chi non superò quel dolore fu la madre. Sissi non si riprese più da quella tragedia, allontanandosi definitivamente dal marito e girando per l’Europa sempre vestita a lutto, poiché a lutto si sentiva. Fino a quel 10 settembre del 1898 in cui incontrò un destino simile a quello di altri regnanti secondo la tendenza dell’epoca, cadendo sotto il colpo mortale infertole da un anarchico, l’italiano Luigi Lucheni, sulle rive del lago di Ginevra.
Scomparso il liberale Rodolfo, la linea di successione chiamava a succedere all’Imperatore il nipote Francesco Ferdinando (altrettanto liberale e parimenti inviso per questo allo zio), destinato a finire come la zia Sissi sotto i colpi di un attentatore, il serbo Gavrilo Princip. Com’era successo a Mayerling, a Sarajevo la ragion di stato orientò la reazione dell’Imperatore, a cui non parve vero di sfruttare la tragedia per dichiarare guerra alla Serbia. Una guerra che nel giro di un mese e mezzo divenne mondiale. La Prima.
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