Politica

Napolitano, emergenza democratica

Episodio gravissimo, che configura una vera e propria emergenza democratica, a margine della vicenda delle condizioni di salute dell’ex presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Si scatena il web, fin qui niente di strano vista la notorietà e lo spessore (nel bene e nel male) del personaggio e di ciò che ha rappresentato nella storia recente del nostro paese. L’ala boldriniana del PD si scatena parimenti per infastidita reazione. Michele Anzaldi chiede, il capo della polizia Franco Gabrielli (che al PD notoriamente deve molto se non tutto di ciò che è adesso) prontamente risponde. Che si perseguano coloro che ingiuriano il presidente emerito, tuona il PD di turno. Obbedisco, risponde il garibaldino Gabrielli, che dichiara di aver già messo all’opera la polizia postale. Gli ingiuriatori saranno identificati e perseguiti.

Gravità a livelli di guardia, che passa incredibilmente sotto silenzio in questo nostro paese perennemente distratto da pulsioni pseudorivoluzionarie frammiste a spinte normalizzatrici, secondo cui la cosa più importante è adesso sapere se si farà un governo, non importa chi lo fa e come, o con che programma. Il resto è materiale portato dalla risacca. L’italiano medio non è medio per caso.

Eppure, a chi ha sospinto e appoggiato una campagna elettorale tra le più virulente del dopoguerra dovrebbero stare a cuore i temi della democrazia e della libertà, anche al di fuori delle varie piattaforme Rousseau e dei dibattiti precongressuali. Questi temi dovrebbero stare a cuore a tutti per la verità. Personalmente, siamo convinti che l’unica democrazia degna di questo nome è quella che consente ad Hyde Park Corner a chiunque di salire su una cassetta della frutta ed arringare la folla su qualsiasi cosa ritenga opportuno, con qualunque linguaggio e senza che chicchessia si possa azzardare a censurarlo e perseguirlo. Personalmente, pensiamo inoltre che polizie come quella di Franco Gabrielli e di chi lo ha messo dov’é siano più degne di governi papalini come quello che esisteva nello Stato della Chiesa fino al 1870, e non di un paese che a torto o a ragione aspiri a definirsi ancora democratico.

Personalmente auguriamo umanamente a Giorgio Napolitano il meglio che la natura e la sua resistenza fisica agli acciacchi gli possano assicurare. Riteniamo parimenti legittimo continuare a definirlo, come abbiamo sempre fatto da queste colonne, una delle figure più controverse della nostra storia del dopoguerra. Un personaggio politico che a nostro giudizio avrebbe dovuto rispondere ad autorità civili di certi suoi comportamenti (anche e soprattutto istituzionali) e che – per chi ci crede – probabilmente dovrà risponderne in altre sedi ad autorità morali non soggette a nessuna polizia umana, né postale né d’altro tipo.

Ma non è questo il punto. Una polizia che si arroga di poter sindacare reati di opinione, su mandato di un potere politico che mal sopporta in generale le opinioni del popolo (che configurino reato o meno) non può non definirsi fascista. Ce lo hanno insegnato i nostri padri fondatori della repubblica, quelli che celebriamo ogni 25 aprile compreso quello appena trascorso. Quelli i cui precetti i nostri insegnanti di educazione civica ci inculcavano a scuola, quando ancora a scuola si poteva inculcare qualcosa. Quelli che erano sopravvissuti a stento alla peggior dittatura che la storia ricordi, giusto perché potessimo vivere in un mondo un po’ più civile di quello toccato a loro.

Franco Gabrielli dovrebbe vergognarsi di quell’obbedisco prontamente declamato con sbattere di tacchi, così come Michele Anzaldi dovrebbe vergognarsi di averglielo intimato, ammesso che un parlamentare del PD possa ormai vergognarsi di qualunque cosa.

Auguriamo a Giorgio Napolitano una pronta ripresa ed un prosieguo di vita il più lungo possibile, nelle migliori condizioni possibili. Gli auguriamo altresì – e ci auguriamo – che prima o poi sia chiamato a rispondere di quello che ha fatto nella sua attività politica davanti ad una qualche magistratura. Se non quella umana, che come tutte le cose umane è per definizione soggetta ad errore, quella divina che grazie a Dio è esercitata da procure meglio funzionanti delle nostre.

P.S. Se proprio il capo della polizia Gabrielli non resiste a scandagliare il web in cerca di ingiurie, gli segnaliamo quelle rivolte quotidianamente nello stesso web a Silvio Berlusconi presidente di Forza Italia  definito (quando va bene) come un delinquente, o a Matteo Salvini segretario della Lega definito (quando va bene) un fascista e un razzista.

Nella locuzione par condicio, caro Gabrielli, la parola chiave è par. Ci risulta che lei ha studiato latino. Non è mai troppo tardi per ricordarsene.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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