A due mesi dalla fine del Mondiale di Russia, parte la nuova Nations League, competizione riservata alle prime dodici nazionali europee secondo il ranking UEFA. Sostituisce il Campionato d’Europa, Coppa Henri Delaunay che si è disputato dal 1960 fino al 2016? Niente affatto, vi si affianca. O per meglio dire, gli si sistema sulla spalla, come la scimmia sul drogato, come l’attinia sul paguro.
E’ l’ultima follia di una UEFA che ormai nelle sue follie somiglia sempre di più all’Unione Europea, a trazione franco-tedesca. Non per nulla Francia e Germania hanno inaugurato (significativamente senza gol, il festival della sterilità) la prima edizione ieri sera. Un calcio sempre più atletico e sempre meno tecnico spalmato su un calendario sempre più congestionato da quest’anno dovrà accollarsi anche questa specie di World League per nazioni europee che il suo governo sportivo continentale ha ideato per rendere la disciplina sempre più simile al Volley o al Basket, che però sono nati con questi ritmi e con queste filosofie e che se ne giovano, ma sempre più distante da ciò che era il gioco del secolo. Nel secolo scorso, quando del calcio il governo del calcio aveva rispetto.
La gallina dalle uova d’oro è sempre più vicina ad essere strozzata. I suoi assi sono uno Mbappe che somiglia sempre più a Husain Bolt (speriamo non nella farmacopea) e un Messi che somiglia sempre più a Messi, palloncino gonfiato che avvicinandosi alle vette di un Maradona ha finito per scoppiare. Ma soprattutto il gioco e le squadre sembrano simili ad un Rugby senza le sue nobili regole e senza i suoi nobili atleti, o ad un Football americano senza la sua filosofia e almeno lo show del Superbowl.
Ma tant’è, questo è ciò che il calcio è diventato. Questo è ciò che ci dovremo sorbire. La cervellotica Nations League qualificherà quattro squadre alla fase finale. L’Italia è nel girone 3 con Portogallo e Polonia. Dovesse andare avanti, avrebbe una corsia preferenziale per Euro2020, che vedrà il suo torneo di qualificazione concentrato – e congestionato -, nell’anno solare 2019, per concludersi in una fase finale itinerante tra le capitali europee.
Follia. Cretinismo. Morte del calcio, così come l’avevamo conosciuto. Ma business per federazioni e televisioni, se è vero che la nostra non ha battuto ciglio ad assistere alla svendita del campionato di calcio nostrano all’improbabile consorzio Sky – Dazn. Paghi tre, vedi uno (se ti va bene).
In un calendario in cui recuperare un match rinviato per calamità naturale o disgrazia umano-ambientale è già problematico, per rigiocare una partita ormai bisognerà prendere in considerazione il lunedi notte o le prime luci dell’alba del giovedi. Tutto perché la Nazionale, che già era diventata purtroppo quel fastidioso intermezzo che veniva periodicamente ad interrompere il campionato di calcio, dovrà fare gli straordinari come le ditte che devono consegnare lavori pubblici in scadenza.
Parte stasera, in questo manicomio, la nuova Italia ufficiale di Roberto Mancini. Parte da Bologna, città che il C.T. non ha fatto mistero di considerare per lui affettivamente importante, avendogli dato i natali calcistici. Città abituata al buon calcio, che speriamo stasera possa goderne nuovamente (l’azzurro non può essere così tenebra come negli ultimi due anni) e da cui possa partire la rinascita del nostro calcio.
Mancini non ha fatto mistero nemmeno delle difficoltà che lo attendono, costretto a selezionare giocatori che non trovano spazio nel nostro stesso campionato nazionale. L’Italia ha rinnegato i suoi giovani, e con ciò si è suicidata. Quarant’anni fa il rifondatore Bernardini aveva problemi di abbondanza, potendo sostituire il Rivera a fine corsa con l’Antognoni che guardava le prime stelle. Adesso Mancini è costretto a richiamare Balotelli, l’ultimo fino a prova contraria che ha combinato qualcosa in un torneo ufficiale in maglia azzurra, nel 2012.
Fa eco al mister Bernardeschi, talento nostrano non inferiore a tanti esteri che tuttavia ha sempre stentato a guadagnarsi una maglia da titolare, sia nella Fiorentina che nella Juventus. Se l’Italia non torna a credere nei suoi giovani (a livello di società prima ancora che di movimento sportivo, aggiungiamo noi, caro Federico) è un paese morto. A prescindere dai risultati di questa Nations League che sancirà soprattutto la morte celebrale di chi abbiamo mandato a governarci. Si chiami UEFA, Unione Europea o come diavolo.
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