Evidenza

No. Stavolta no.

Rosa Parks se ne andò il 24 ottobre 2005. Da circa sessant’anni era divenuta una persona leggendaria, la rivista Time l’aveva definita una delle venti persone più influenti del ventesimo secolo in America. Lei aveva cambiato la storia di quel paese (e del mondo) il giorno, 1° dicembre 1955, in cui si era rifiutata di lasciare il posto a sedere sull’autobus ad un concittadino di razza bianca, come prevedeva il regime di segregazione formale e sostanziale che esisteva negli Stati Uniti d’America tra bianchi e neri.

Rosa lavorava come sarta in un magazzino. Le sue giornate lavorative erano massacranti, il viaggio di ritorno verso casa lo era altrettanto, i neri – gli afroamericani, come si dice oggi – erano costretti a farsela in piedi, i posti a sedere erano riservati ai bianchi. Per chi contravveniva c’era addirittura l’arresto. A Montgomery, Alabama – profondo sud razzista degli Stati Uniti dove una Guerra Civile non era stata sufficiente ad assicurare effettivi diritti di libertà e pari opportunità ai cittadini dalla pelle più scura che da cento anni vivevano in piedi cedendo i posti migliori nella società a quelli dalla pelle più pallida – la vita funzionava così.

Rosa Parks under arrest

Quel giorno, il conducente dell’autobus ripeté il solito odioso copione, invitando la passeggera nera ad alzarsi per lasciare il posto ad un bianco. Quel giorno Rosa era particolarmente stanca, con i piedi doloranti e la vita particolarmente di traverso. James Blake, il conducente, ripeté l’invito più volte. La risposta quel giorno fu “NO”. Non quella volta. Rosa non si alzò, Blake chiamò la polizia che arrestò Rosa per aver violato la legge. Segregazionista, ma pur sempre legge. Rosa Parks aveva 42 anni, e quel giorno senza immaginarselo entrò nella storia degli Stati Uniti e d in quella della lunga battaglia per i diritti civili che, cento anni dopo Appomatox e l’emancipazione concessa da Lincoln, divampò nuovamente e furiosamente trasformando il sud americano in un campo di battaglia.

I neri d’America iniziarono il boicottaggio dei mezzi pubblici, le parrucchiere presero parte alla battaglia incitando le donne afroamericane a mantenere la loro capigliatura così come natura l’aveva fatta senza rincorrere modelli estetici appartenenti alla razza egemone, e soprattutto si accollarono l’ingente e necessario volantinaggio a favore di Rosa.

Martin Luther King diventò famoso quanto e più di Rosa Parks prendendo per mano quella battaglia e chi voleva combatterla. I suoi discorsi si fecero sempre più infiammati e leggendari, fino a quello con cui zittì Washington di fronte ad un Congresso ancora timoroso di affermare l’uguaglianza di diritti che era nei fatti. 1963, I have a dream….

L’autobus più famoso nella storia d’America

Due anni dopo, nel 1965, il reverendo guidò la più famosa delle sue marce, da Selma a Montgomery. E dichiarò vinta di fatto e di diritto la battaglia. Da quel momento nessuno chiese più il posto a sedere ad un concittadino nero, e nessun poliziotto arrestò chi si rifiutava di cederlo. La Corte Suprema aveva dichiarato la ragione di Rosa Parks fino dal 1956.

Martin Luther King sarebbe sopravvissuto fino al 1968, così come il suo alleato bianco Robert Kennedy. Il loro sangue versato non avrebbe fermato la conquista dei diritti civili degli afroamericani, l’avrebbe spostata soltanto momentaneamente in favore delle Black Panthers di Angela Davis e di chi non vedeva altro che la lotta armata come risposta ai suprematisti bianchi. Ma a partire dagli anni settanta quella di Rosa Parks, di Martin Luther King, di Robert Kennedy, di Abraham Lincoln e di tutti coloro che non chiedevano il posto a sedere ad una lavoratrice nera dai piedi doloranti poteva dirsi vinta.

“Non ero stanca solo fisicamente quel giorno, ero stanca di arrendermi. Non devi aver paura di ciò che fai, se sai che è la cosa giusta”.

Il cinema americano non ha ancora dedicato a Rosa Parks una pellicola alla sua altezza. La colonna sonora di quei giorni e di quella gente è sempre questa.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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