Ho visto per la prima volta la cattedrale di Notre-Dame proprio un giorno di Pasqua di tanti anni fa. Mi resi conto subito che non c’era occasione migliore. E’ una chiesa strana, Nostra Signora di Parigi. Non è la più bella in assoluto, tra quante ne hanno prodotte il genio e la spiritualità umani. Ma di sicuro è la più particolare. Se c’è un posto dove avvicinarsi a Dio, o perlomeno capire perché tante persone hanno bisogno di farlo, questo è proprio lì, in quella cattedrale costruita per incutere terrore nei confronti di una divinità che era ancora quella dell’Antico Testamento, con i suoi gargoyles che rammentavano i diavoli dell’inferno pronti a ghermire il peccatore, qualora non ci fosse riuscito prima il braccio secolare della Chiesa. Che comunque lì dentro non poteva entrare, nemmeno nei secoli più bui.
Notre-Dame è la nostra civiltà. La differenza che ci ha fatti quello che siamo, anche in paragone con tante altre pretese civiltà. Siamo quello che siamo perché abbiamo combattuto quei diavoli spaventosi trovandoli alla fine ridicoli, e sempre alla fine abbiamo potuto e saputo ammirare le sue guglie, le sue bifore, le sue linee essenziali che tendono verso un cielo tutt’ora per noi misterioso, ma necessario. Abbiamo scoperto la nostra spiritualità migliore sul sagrato e tra le navate di questa e di altre chiese. Non siamo più bestie, o perlomeno non lo siamo così spesso come prima. E non ritorneremo ad esserlo, se la ricostruiamo com’era.
Gli indignados di ogni parte del globo si sono avventati in questi giorni sulle ferite della Nostra Signora con il solito politically correct. Al grido di «vi frugate in tasca per quattro mura di una antica chiesa, e non per i bambini che muoiono di fame in tutto il mondo!». I dis-social network sono pieni di queste e simili lamentazioni, è lunga la giornata da passare su Facebook e posti del genere….
Rispondo impegnando soltanto me stesso, ci mancherebbe. Personalmente, mi frugo in tasca da almeno cinquant’anni. Ogni volta che qualcuno ha bisogno, bambino, animale o pietra sacra o civile che sia. Ho cominciato quando i radical chic degli anni sessanta mi mandavano di traverso la cena tutte le sere mostrandomi i bambini scheletrici del Biafra. Ho sempre avuto pochissimi soldi in tasca, ma di sicuro ne ho dati più io a quei bambini di tutti i radicali progressisti e benpensanti messi insieme, buoni come sempre ad aprire la bocca piuttosto che il portafoglio. Questo era giusto fare, questo io ho fatto. Di più non potevo, a parte cambiare canale quando i canali sono diventati più di uno, e non fare mancare comunque la mia solidarietà a nessuno, perché nessuno – se fosse dipeso da me – morisse di fame, venisse maltrattato o abbandonato, restasse un triste ed inaccettabile cumulo di macerie.
Adesso mi devo sentire dire che la mia chiesa, simbolo della mia città – io che non sono né credente né nato francese – è uno spreco di soldi, in faccia a cause più nobili. Mi limito a dire, a ribadire che se siamo capaci di distinguere cause ed impegnarci per esse (se siano nobili o meno ognuno lo decida in proprio, con il proprio cervello o il proprio portafoglio, magari senza pretesa di fare da coscienza agli altri), se siamo quegli esseri civili che ci pare di essere ogni volta che apriamo bocca e diamo aria su Facebook e posti del genere, è perché abbiamo combattuto i diavoli e scorto infine gli angeli su antiche mura come quelle di questa vecchia chiesa ferita. Dove anche chi non credeva in Dio e non ci crede tutt’ora è capace di sentire che dentro di sé ha uno spirito. Piuttosto che un cumulo di sciocchezze come quelle che chi hanno fornito come kit di espressione di opinioni all’atto della sottoscrizione del proprio account social.
Ricostruiremo Notre-Dame de Paris e daremo da mangiare ai bambini denutriti del mondo (se i nostri soldi non finiscono in tasca nel frattempo a qualche ONG o a qualche partito politico). E i nostri figli un giorno la potranno vedere come l’abbiamo vista noi. E sentire, come il sottoscritto una domenica di Pasqua di tanti anni fa, di essere finalmente arrivati a casa. La casa della propria anima.
Buona Pasqua a tutti.
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