Nel 1956, il mondo si dette appuntamento a Melbourne, in Australia. Per la prima volta nella storia, la fiaccola olimpica prese la via dell’emisfero sud del pianeta, e i tedofori furono coadiuvati dagli aerei della Qantas, la compagnia di bandiera australiana. Il quinto continente, il quinto cerchio della bandiera olimpica, ebbe l’onore di organizzare la XVI^ edizione dei giochi vincendo anche in questo caso una concorrenza serrata.
L’intento del C.I.O. era lodevole: rendere universale lo sport ed il suo messaggio di pace. Ancora una volta però, le buone intenzioni del comitato cozzavano contro una realtà politica che di tregue olimpiche non ne voleva proprio sapere. Quando le squadre nazionali arrivarono a Melbourne, il 22 novembre (data obbligata, trattandosi dell’emisfero australe), erano già successe tante cose quante bastavano ad avvelenare il clima internazionale.
A Suez, Inghilterra e Francia avevano reagito militarmente alla nazionalizzazione del canale da parte del presidente egiziano Nasser. Costrette a ritirarsi dalle pressioni di USA e URSS, avevano lasciato comunque la porta aperta a strascichi di tensione tra i blocchi in guerra fredda. Tensioni acuite poi dall’occupazione della ribelle Ungheria da parte dei carri armati del Patto di Varsavia, che aveva posto fine alle speranze di indipendenza dei magiari. Diversi paesi arabi boicottarono i giochi a causa di Suez, mentre per i fatti di Ungheria si tennero fuori la Svizzera, l’Olanda e la Spagna del Caudillo Francisco Franco.
Fu l’Olimpiade della partita del sangue nell’acqua. Nel torneo di pallanuoto, gli ungheresi erano campioni in carica e anche nel 1956 la bontà della loro scuola li indicava come favoriti. Destino volle che la partita decisiva del girone finale la dovessero giocare contro l’Unione Sovietica, proprio mentre i carri armati russi scorrazzavano per le strade di Budapest soffocando la rivoluzione ungherese nel sangue. Ci fu sangue anche in acqua. Gli ungheresi surclassarono i russi per 4-0, e intesero anche schernirli. Il russo Prokopov reagì prendendo a cazzotti l’ungherese Ervin Zador, che uscì dalla piscina sanguinante. La rissa si trasferì sulle tribune tra i tifosi presenti, e fu sedata a fatica dalla polizia australiana.
L’Ungheria finì quarta nel medagliere di Melbourne. L’URSS invece per la prima volta finì avanti agli USA, seguiti dall’Australia (grazie soprattutto al nuoto). Quinta ancora una volta l’Italia. Schermidori, ciclisti e canottieri portarono gli ori alla squadra azzurra, mentre Carlo Pedersoli confermava la sua classe nel nuoto, in attesa di passare al cinema. Ai giochi invernali che si erano intanto disputati a Cortina d’Ampezzo, l’Italia non aveva potuto schierare il mitico Zeno Colò se non come tedoforo. L’atleta di Cutigliano (PT) era stato squalificato in quanto accusato di professionismo per aver fatto pubblicità ad una marca di abbigliamento sportivo.
Com’era successo ad Anversa nel 1920, parte del programma olimpico venne svolto altrove. A causa delle severe leggi australiane sull’importazione di animali, le gare di equitazione dovettero essere dirottate a Stoccolma, in Svezia. Fu il secondo caso di olimpiade svolta dunque sul territorio di due paesi diversi. Sempre in tema di curiosità, l’esperimento di riunificazione delle due Germanie limitatamente alle gare olimpiche (sotto la bandiera giallorossonera con l’aggiunta dei cinque cerchi) per quanto suggestivo e gratificato dal settimo posto nel medagliere, non era destinato ad avere seguito.
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