Mario Calabresi, direttore di Repubblica, che difende la libertà di stampa è come quei ROM che pretendono di riscuotere il reddito di cittadinanza. Rifiutano non soltanto il censimento, ma qualsiasi altro onere ascritto a coloro che vogliono essere qualificati appunto come cittadini, e però si fanno vivi puntualmente quando c’é da conferire, o intascare, qualche onore.
La libertà di stampa consisterebbe nel non essere perseguibili da alcun potere dello Stato, non soltanto quello esecutivo, nell’esercizio del diritto costituzionale ad esprimere opinioni e raccontare fatti all’opinione pubblica. Comporterebbe in cambio di dire sempre la verità, solo la verità, nient’altro che la verità.
Apri un qualsiasi numero di Repubblica e ti colpisce la constatazione che di opinioni ce ne sono molte (che siano sballate o meno lo decide poi alla fine il pubblico, che poi coincide con l’elettorato, anche se pare di poter dire fin d’ora che il calo di vendite del Gruppo Repubblica – L’Espresso sia già una chiara intenzione di voto). Di fatti, intesi come oggettivi, ce ne sono invece molti meno. A meno di non ostinarsi a considerare tali le campagne denigratorie contro la legittimità professionale del premier Giuseppe Conte o quelle contro i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, rei a detta del predetto Gruppo di voler riportare nientemeno che il Fascismo ed il Laurismo nella penisola italiana. Fuori del fortino di Bruxelles e da quella succursale delle Folies Bergère che è diventato l’Eliseo, questa battaglia non la condivide praticamente più nessuno (a meno di voler considerare qualcuno gente come Maurizio Martina o Matteo Renzi), ma il Gruppo Calabresi non si perita di pubblicare ogni giorno bufale che poi non durano altro che l’espace d’un matin.
Bisognerà, tra le cose da riformare con urgenza, come la Presidenza della Repubblica e la Magistratura, inserire con la massima priorità anche l’Informazione e le regole del suo esercizio da parte dei mass media. Non per porvi limiti, renderlo più difficile e più soggetto a indebiti controlli, ma per riportarlo nei termini di una decenza professionale. Visto che si chiama Quarto Potere, che sia esercitato secondo legge e soprattutto secondo verità.
Nel frattempo, interroghiamoci anche se sia servizio pubblico quello offerto dalla RAI i cui telegiornali e giornali radio ormai sono etichettabili come TelePD. O i cui programmi di approfondimento consistono spesso e più che volentieri in ospitate a intellettuali come Er Piotta, ed al suo adattamento del celebre hit Il Supercafone con dedica al Ministro dell’Interno. Pagare il Canone RAI (maggiorato oltretutto della spalmatura in bolletta elettrica fatta dal precedente governo PD) per simili esercizi della libertà di stampa non ha prezzo, e dubitiamo soprattutto che i cittadini/contribuenti/elettori/lettori vogliano continuare a pagarlo.
Poi c’é il mare magno, e inquinato, dell’informazione privata. Dal Fatto Quotidiano alla 7 sono tanti quelli che fingono di stare dalla parte dell’informazione e del pubblico, come il Mentana che paragona il censimento dei cittadini ROM alle leggi razziali, o quel Travaglio che – non pago di essere stato per decenni il principale sponsor del successo di Berlusconi (salvo fare una figura miserrima nell’unica occasione in cui l’ha incontrato faccia a faccia – vorrebbe ripetere adesso la performance con Matteo Salvini, nell’intento non troppo dissimulato di separarne le sorti da quelle di Di Maio e dei Cinque Stelle, dai quali nel film che si è fatto aspetta sicuramente qualcosa.
Di simili paladini della libertà di stampa non abbiamo bisogno, né ha bisogno in particolare la stampa libera. Senza scomodare John Stuart Mill, che aveva cose più serie di cui occuparsi che gli articoli dei suddetti, sarà come sempre (come vivaddio sta già accadendo e non solo al Gruppo Repubblica – L’Espresso) il lettore a determinarne la sorte e ad applicare le uniche sanzioni che abbiano senso e ragion d’essere in un paese che se vanno in porto le riforme del contratto di questo governo potrà cominciare a dirsi finalmente democratico.
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