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Paola Perego, o della libertà di espressione

Paola Perego

Premetto che non sono un estimatore di Paola Perego, né tantomeno delle trasmissioni del genere di quella che lei conduce, o conduceva. La signora in questione è un classico prodotto dei nostri tempi, che virano sempre più al trash. Ma del resto, è il nostro livello culturale medio che è trash, e quelle sono le trasmissioni che fanno audience.

Parliamone sabato non era né peggio né meglio della maggior parte dei palinsesti delle reti televisive attuali, e se proprio vogliamo dirla tutta, dei media attuali in generale. I quotidiani e i settimanali, anche quelli con pretese di impegno, assomigliano sempre di più a quei rotocalchi che almeno una volta si aveva il buon gusto di sfogliare solo dalla parrucchiera.

Questo passa il convento, e frati e monache sono più che contenti, perché si ritrovano in ciò che vedono sullo schermo TV. Del resto, non è che Lilli Gruber sia meglio della Perego. O che stare a sentire gli improbabili maitre à penser Sara Manfuso e Pippo Civati discettare di sessismo, razzismo e, appunto, della Perego sia più edificante e istruttivo che seguire un sondaggio circa la buona qualità a fini di accoppiamento delle donne dell’est.

Il punto è che le trasmissioni televisive, così come qualsiasi altra forma di espressione mediatica (con pretese di informazione o meno) NON SI CHIUDONO MAI. Se violano il codice penale, si sanzionano. Se non garbano o non se ne condivide taglio e argomenti, semplicemente non si guardano, si cambia canale. MA NON SI CHIUDONO MAI. Queste cose le facevano Torquemada e Goebbels.

Personalmente, il mio archetipo culturale è quello dell’Hyde Park Corner, l’angolo del celebre parco londinese da sempre consacrato a spazio dove chiunque può improvvisarsi un piedistallo e arringare la folla su qualunque tema, genialata o sciocchezza che sia. E nessuno che in duecento anni e passa di esistenza di quel luogo in quella città, si è mai sognato di censurare o peggio impedire a chicchessia l’esercizio di quel diritto, solo apparentemente estemporaneo.

Ma nell’Italia del partito democratico, che è progressista solo a parole e sempre e soltanto con chi non è cittadino, ormai c’è da aspettarsi questo ed altro. Un sindaco (per di più ex magistrato) può permettersi di incitare alla rivolta la piazza contro un parlamentare rappresentante di un altro partito ed il suo diritto a comiziare nella città da lui amministrata, e farla assolutamente franca. Figurarsi che tutela può avere la libertà di stampa, comunque esercitata.

Parafrasando Voltaire, non guarderò mai le trasmissioni di Paola Perego (et similia), ma mi batterò fino alla morte perché essa (o chi per lei) possa mandarle in onda. E perché un giorno il partito democratico e la sua correttezza politica liberino per sempre queste lande disgraziate dalla loro presenza.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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