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PD, animali fantastici e dove trovarli

Fiano lancia il testo della legge finanziaria contro il sottosegretario leghista Garavaglia

L’anno che sta per concludersi è stato quello che ha visto, tra le altre cose, il culmine ed il termine delle celebrazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale. Nei prossimi, la ricorrenza successiva sarà quella dell’avvento del Fascismo in Italia. Forse è quella, meramente didattica, la ragione della bagarre inscenata nell’aula parlamentare e nelle piazze dal partito che chiama se stesso democratico in occasione del voto definitivo sulla manovra finanziaria. A Montecitorio, è il facciaferoce Raffaele Fiano, già campione dell’antifascismo per decreto, a consegnare se stesso ed il suo partito all’archivio storico fotografico parlamentare e a spiegare in modo più eloquente di mille parole come una dittatura possa instaurarsi in un paese democratico per via assolutamente legalitaria.

Nelle piazze, il discorso è diverso. La gente che si raduna sotto i megafoni degli improbabili e poco carismatici Delrio ed Orfini è tanta soltanto nell’immaginazione di coloro che vorrebbero scatenare ben altra bagarre e ben altre folle oceaniche, e nella narrazione della stampa a costoro asservita. Berlusconi che promette gilet azzurri a partire da lunedi prossimo fa tenerezza quanto e come quei megafoni. Ci avessero detto che il PD sarebbe stato rimpinguato dalla pattuglia di Forza Italia guidata dal Big Jim di Arcore non ci avremmo creduto, non più di quanto agli UFO nell’area 51. E invece….

E’ stato un anno fatidico. Di quelli che resteranno come spartiacque del cambiamento epocale, come il 1848, o il 1968 di cui si parla in altra parte del giornale. E’ stato l’anno in cui, anche in Italia, perfino in Italia, il popolo ha tentato di riprendersi quel potere che alcune èlites politico finanziarie gli stavano sottraendo da una decina di anni a questa parte.

Il governo gialloverde scaturito dalle elezioni del 4 marzo allinea l’Italia ai paesi che guidano la rivolta contro Maastricht e l’Europa bancaria. La nostra penisola aveva abituato tutte le attuali potenze europee e non a presentarsi nuovamente come terra di facile conquista, come al principio del XVI secolo. A partire dalla formazione di quel governo che il presidente della repubblica ha nominato obtorto collo e contro cui le opposizioni hanno scatenato una gazzarra indegna tale da far impallidire quella messa in atto un secolo fa da Mussolini, per di più fiancheggiate a tratti da soggetti istituzionali come una parte della magistratura ed una parte del mondo dell’informazione, l’Italia si è posta invece alla guida del cambiamento storico, radicale che due terzi di Europa ormai aspetta e che l’altro terzo paventa.

La manovra finanziaria che ieri è diventata legge, a Roma come a Bruxelles, dice che un paese è e resta sovrano a condizione che lo voglia veramente, ed a prescindere dalle politiche economiche che vuole adottare. La finanziaria 2019 viene approvata il 29 dicembre, come quella 2018. La differenza è che l’anno scorso l’opposizione si comportò da componente civile di una istituzione democratica, quest’anno il PD rischia di riportare alla memoria i comportamenti delle squadracce fasciste (e dei loro fiancheggiatori) di un secolo fa più di qualsiasi documentario o di qualsiasi rievocazione storiografica. La sua non accettazione, il suo disprezzo per la volontà popolare è un qualcosa che resterà sicuramente nella memoria collettiva, che la manovra finanziaria funzioni o meno.

Graziano Delrio e la "oceanica" manifestazione da lui convocata fuori di Montecitorio

Graziano Delrio e la “oceanica” manifestazione da lui convocata fuori di Montecitorio

L’anno si chiude sulla carica belluina di Emanuele Fiano, e sui gestacci di Debora Serracchiani che vorrebbe tagliare fuori le riprese televisive di ciò che sta accadendo a Montecitorio. Dice il PD, sia nella sua versione rossa incarnata da Del Rio che in quella azzurra incarnata da Berlusconi, che ancora non abbiamo visto nulla. Che l’anno prossimo sarà quello della mobilitazione, del nuovo Biennio Rosso. Al vecchio uomo politico che una volta i rossi li combatteva non sappiamo più cosa dire, forse è tardi per lui anche per dedicarsi a nipotini e sorveglianza cantieri. Ai rossi, quelli veri, quelli in sostanza rimasti sempre uguali a se stessi, possiamo dire che – a prescindere dal buon esito del tentativo finale di Matteo Renzi di cancellarli definitivamente dal nostro panorama politico – li aspettiamo alla prova volentieri. Del resto, per battere il record di presenze di ieri al di fuori di Montecitorio è sufficiente un autobus all’ora di punta.

Crediamo che tante cose siano giunte alla fine in questo 2018 che tra poco si conclude. Una vecchia politica, un vecchio servilismo nei confronti di poteri economici nostrani ed esteri, una vecchia strategia del buttarla in caciara se le urne danno risultati sgraditi a quei poteri. E’ per questo che Serracchiani, Fiano, Delrio & c. sono così arrabbiati, così fuori della grazia di Dio. E’ un ancien regime che saluta tutti e se ne va, senza nemmeno stavolta bisogno di ghigliottina.

Il momento è quantomai propizio. I gilet gialli distraggono la Francia, costringendola per una volta ad occuparsi dei fatti propri anziché di quelli altrui. La vittoria dei post-franchisti di Vox in Andalusia e quella di Alternatives fur Deutscheland in Baviera sono segnali da non trascurare. Sia in previsione dei centenari di cui si parlava sopra sia in previsione di futuri sviluppi. In paragone ai quali, qualcuno un giorno potrebbe dover ringraziare la via gialloverde all’europeismo che l’Italia ha saputo tirar fuori da se stessa e proporre al continente.

Nel 1968, fu un maggio francese a dare il via a tutto. Stavolta potrebbe essere un maggio italiano.

Buon 2019 a tutti, in particolar modo agli italiani. Almeno quelli che sono degni di chiamarsi tali.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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