La notte delle stelle cadenti, e dei desideri espressi. Chissà se Walt Disney, suo fratello Roy ed i loro compari avevano espresso un desiderio in quell’estate del 1923 al termine della quale aprirono in un garage a Burbank, Los Angeles, la loro factory. Destinata a diventare un giorno la più importante del mondo. Un mondo che nel frattempo sono riusciti a far sognare in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Se sì, doveva trattarsi di una stella potente, perché quasi cento anni dopo Walt Disney Company è diventata la madre di tutte le Majors, ed è sinonimo di cuori che si aprono, menti che prendono il volo, stelle che cadono e desideri che non hanno confini, per grandi e piccini di tutto il pianeta. I sogni son desideri, canta la Fata di Cenerentola, chiusi in fondo al cuor…. Walt Disney li ha portati tutti allo scoperto, e li ha realizzati tutti quanto e meglio di Amazon.
Oltre alla maestria nel disegno ed alla padronanza del nuovo mezzo cinematografico, la factory Disney aveva un altro paio di assi nella manica per sfondare. La geniale intuizione di creare personaggi presi dal mondo animale e resi antropomorfi fu una. L’altra fu quella di andare a prendere le grandi favole classiche della letteratura e della tradizione culturale di tutto il mondo. In fondo, che cos’erano state fino ad allora le favole se non i cartoni animati del mondo antico?
Dai fratelli Grimm riadattò Biancaneve, il lungometraggio di esordio del 1937 con il quale si impose subito all’attenzione di pubblico e critica vincendo un premio Oscar e sbancando il botteghino con il record di incassi.
Tre anni dopo, Disney tentò di ripetere il colpo, e venne a pescare in Italia. Pinocchio era un classico per l’infanzia – e non solo – che si stava affermando ormai in tutto il mondo come capolavoro letterario. Peccato che l’anno era quello sbagliato. Nel 1940, la seconda guerra mondiale stava esplodendo in tutta la sua disastrosa portata, l’Italia era un paese nemico, il mondo aveva altro da pensare. Ed il gioiellino che Disney aveva tratto dal gioiellino di Carlo Collodi passò fatalmente in secondo piano.
Quell’anno, Disney sbarcò bene il lunario lo stesso, perché aveva in cantiere Fantasia, il cartone animato più straordinario di tutti i tempi. L’intuizione forse più geniale di Disney, quella di capire che grande musica classica e cartoni animati erano fatti per sposarsi a meraviglia. L’una dava ritmo agli altri, che a loro volta le restituivano un incredibile surplus visivo.
Pinocchio riapparve sui grandi schermi alla fine del conflitto mondiale, nel 1945, e da allora spiccò il volo, conquistando gli spettatori ed i critici (compresi i puristi della letteratura nostrana) e vincendo un altro oscar, stavolta per la colonna sonora.
Questa qui. When you wish upon a star, Quando cade una stella.
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