PRATO – Sono 26, un terzo del totale delle filature in fiera, le imprese pratesi produttrici di filati per maglieria che si accingono a trasferirsi a Firenze per la tre giorni di Pitti Filati. A queste si aggiungono altre imprese del distretto – maglifici, imprese meccanotessili e di servizi – presenti in sezioni della fiera diverse da quella riservata ai produttori di filati.
Dal 25 al 27 gennaio gli spazi della Fortezza da Basso saranno quindi occupati dalla 92a edizione, dedicata alla stagione primavera-estate 2024, di quella che è riconosciuta come la fiera più prestigiosa del mondo per il settore filati.
«Andiamo in fiera fiduciosi perché convinti del valore del nostro lavoro – commenta Raffaella Pinori, coordinatrice del gruppo Produttori di filati della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord -. I risultati del resto ci sono: anche nel 4° trimestre 2022 la crescita della produzione rispetto allo stesso periodo del 2021 è stata a due cifre, intorno al 12% secondo i primi dati che emergono dalla rilevazione congiunturale del Centro studi di Confindustria Toscana Nord. La stessa rilevazione colloca intorno a +19% gli ordini dall’estero, confermando le prospettive di buone prestazioni nell’export, fondamentale per il nostro comparto».
«Dal punto di vista della nostra attrattività per i mercati ci sentiamo in una posizione di forza: gli investimenti fatti in innovazione, sostenibilità, stile, servizio al cliente collocano i filati per maglieria pratesi al top mondiale. Ma questo non significa che non ci siano motivi di preoccupazione: il problema costi si fa sempre più acuto. L’energia rimane una criticità importante, ma non è l’unica: dalle materie prime ai trasporti ai servizi in genere, gli aggravi sono consistenti e pesanti da sostenere».
Le oltre 80 imprese produttrici di filati – sia per maglieria che per tessitura – del distretto pratese contano più di 1700 addetti diretti; nel 2021 hanno ampiamente recuperato quel 25% di fatturato che avevano perso nel 2020, chiudendo con un fatturato complessivo di 635 milioni di cui il 40% (257 milioni) realizzati con l’estero; i produttori di filati per maglieria esportano mediamente il 55% del fatturato, mentre i filati da tessitura sono assorbiti per lo più dal mercato interno e la quota di fatturato destinata all’estero è molto inferiore. E’ presumibile che nel corso del 2022 il fatturato possa superare i 720 milioni, giacché la produzione industriale ha segnato in media +16%.
Per quanto riguarda le esportazioni, i dati Istat elaborati dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord evidenziano per i primi 9 mesi del 2022 un incremento del +28% sullo stesso periodo del 2021 e del +14,8% sull’ultimo anno pre-covid, il 2019: risultati in parte condizionati (essendo i dati dell’export espressi in valori e non in volumi) dalla necessità di adeguare i listini al fortissimo aumento dei costi ma comunque molto positivi. Rispetto al 2021 sono in forte incremento, superiore al 40%, i due principali paesi di destinazione dell’export di filati pratesi, la Germania (quota del 10,9% sul totale dell’export) e la Romania (quota del 10,4% sul totale dell’export: si tratta di una piazza per lo più di lavorazione e riesportazione).
Aumenti significativi anche per altri paesi europei come Spagna (+18%), Portogallo (+29%) e Croazia (+14%) e ancor più consistenti per la Turchia (+52%); per alcuni di questi paesi valgono le stesse considerazioni fatte per la Romania. Segni meno invece per Hong Kong e Cina (rispettivamente -14% e -7%): sulle due destinazioni, che complessivamente valgono l’11,5% del totale dell’export dei filati pratesi, ha pesato l’effetto-pandemia sia direttamente per le politiche zero-covid del governo cinese, sia indirettamente per il fenomeno del back-shoring verso Europa e bacino del Mediterraneo, uno degli effetti economici provocati dal covid sulla catena di fornitura.
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