Primo Maggio: il Parlamento attua diligentemente le disposizioni sul distanziamento sociale: tutti a casa.
Passata anche la Festa del Lavoro. Passato soprattutto – quest’anno in modo virtuale, a causa del coronavirus e delle modalità sociali che abbiamo scelto (o lasciato che altri scegliessero) per affrontarlo – il Concerto del Primo Maggio e tutta la annessa retorica PD – CGIL.
Quest’anno il bluff ha retto ancora meno del solito. Già di per sé, se deve venire Sting a parlarci dei problemi del lavoro in Italia e delle possibili soluzioni, ciò significa che c’é qualcosa che non va. Non nella testa di Sting, ma nella nostra.
Se poi tutto ciò per cause di forza maggiore invece che a Piazza San Giovanni va in onda sulle stanze virtuali di internet a cui siamo costretti a fare riferimento per far finta di vivere da due mesi a questa parte, il Re è più nudo che mai.
Come abbiamo scritto più volte, la Festa del Lavoro è una delle più ridicole tra le celebrazioni che la nostra Repubblica ci propone/impone di festeggiare da qualche anno a questa parte.
Abbiamo celebrato la Liberazione agli arresti domiciliari. Adesso festeggiamo il Lavoro con la prospettiva di avere, consapevolmente o meno, incentivato una disoccupazione a livelli leggendari, già adesso o per quando il Paese verrà riaperto.
Non possiamo contarci con esattezza, ma non è questo il punto. Di elezioni tanto qui se ne riparlerà più o meno all’epoca dei mondiali di calcio in Qatar. La sostanza piuttosto è che l’Italia si sta spaccando nuovamente in due “metà” inconciliabili. Destra e sinistra, comunisti e fascisti, nord e sud, le nostre fratture storiche tuttavia sono sempre state in qualche modo ricomposte. Dal quieto vivere che piace tanto a noi italiani o dal fatto che bene o male, Francia o Spagna, finora se magna.
Se magnava, pardon. Perché l’ultima delle nostre fratture sociali, prima ancora che politica, è quella che rischia di essere la più devastante, e inconciliabile. E’ una frattura latente da sempre, ma finora sottotraccia. Adesso, grazie alla crisi Covid19 ed ai provvedimenti governativi per fronteggiarla, rischia di venire alla luce come uno tsunami che potrebbe davvero spazzare via tutto. E per le vittime non ci sarebbe mai terapia intensiva possibile.
La spaccatura adesso è tra percettori di reddito garantito (dipendenti pubblici, redditieri di cittadinanza, categorie variamente e a diverso titolo assistite) e possessori di partite IVA (con l’obbligo di pagarla, insieme ad altre gabelle, a prescindere dal fatto che abbiano percepito reddito o meno).
E’ una frattura che, a ben guardare, coincide più o meno con quella tra chi in questi giorni inneggia a Giuseppe Conte (e al suo partito virtuale di cui si parla tanto) e chi invece in varia misura lo stigmatizza e lo maledice.
Sempre a ben guardare, chi può stare a casa con un reddito che gli affluisce comunque è generalmente più disposto a far mostra di credere al mantra #iorestoacasa e a tutto ciò che – a torto o a ragione, teniamo conto che gli esperti ed i virologi sono dipendenti pubblici anche loro – è sotteso ed implicato da un simile atteggiamento.
C’é invece chi annaspa, perché sente che ogni giorno trascorso ancora a casa è un giorno in meno che lo separa dalla morte professionale e anche da quella civile (perché a casa loro anche artigiani, autonomi, dipendenti di datori di lavoro privati, piccoli e medi imprenditori, hanno tutti il problema di mettere sul piatto dei propri familiari qualcosa da mangiare, la sera, all’ora i cui parlano Conte e Borrelli e qualcun altro, che quel problema l’ha risolto in partenza, si può permettere di applaudire entusiasta alle loro esternazioni).
E’ una spaccatura che rischia di diventare drammatica, e che può portare a sconvolgimenti sociali e devastazioni politiche che abbiamo peraltro già conosciuto nella nostra storia, e sappiamo com’é andata a finire.
Negli anni venti del ventesimo secolo demmo la colpa alla prima guerra mondiale, negli anni quaranta alla seconda, negli anni settanta alla terza (che non si poteva combattere a viso aperto). Stavolta la colpa è di un microorganismo che – dicono, la verità vera forse la sapranno i nostri figli e nipoti, se riprendono e continuano a studiare – ci ha fatto Buh! e ci ha messi tutti a sedere. Qualcuno, contento, ha scoperto che il sedere sul divano dà una sensazione troppo piacevole per interromperla a breve tornando a lavorare. Qualcun altro, invece, è disperato, perché quel divano che beccheggia, rolla e gira su se stesso gli sembra tanto la zattera di Robinson Crusoe, prima del definitivo naufragio.
Come già in passato, ci sono due partiti in cui si sta dividendo il popolo italiano. A differenza del passato, stavolta non pare possibile alcun compromesso storico. Di sicuro non ne è consapevole l’attuale governo, comunque ognuno giudichi il suo operato.
Unica consolazione, ci siamo risparmiati la lezione di diritto del lavoro del prof. Sting. Non quella di Bersani, ma tutto non si può avere.
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