Giuseppe Sala e Carlo Monguzzi
Un carabiniere appende in camerata la bandiera della Marina da guerra del Kaiser. Il vessillo viene scorto e fotografato dall’esterno, e apriti cielo. Si scatena tutta l’intellighenzia – in questo caso ignorantia – di sinistra: il carabiniere sia cacciato, ha esposto un simbolo nazista!
A parte che il simbolo esposto è notoriamente, per chi ha studiato un minimo, riferito al Secondo Reich germanico, non al Terzo, atteso dunque che il carabiniere in questione non ha commesso apologia di alcun reato, l’unica infrazione eventualmente a lui ascrivibile è quella al regolamento dell’Arma e di caserma. Fermo restando che chiunque abbia fatto il servizio militare sa che comunque le camerate sono sottoposte ad ispezioni giornaliere, e che pertanto eventuale irregolarità – se c’era – poteva e doveva essere contestata al carabiniere dall’ufficiale addetto.
Ma politici e addetti all’informazione, che non hanno collegato il cervello alla bocca prima di aprirla, nella stragrande maggioranza continuano a non farlo, e qualcuno propone addirittura la corte marziale per il malcapitato ultimo capro espiatorio di una sinistra che ormai non porta a casa più niente se non battaglie di retroguardia infarcite per di più di strafalcioni.
Diverso trattamento riceve, ovviamente, il portacolori del PD Giuseppe Sala, dall’anno scorso sindaco di Milano. Per stigmatizzare il comportamento dei naziskin che hanno fatto irruzione nei locali dell’Associazione Como senza frontiere dedita all’accoglienza di immigrati leggendo un comunicato xenofobo, ha deciso di sfilare a Como con tutto l’entourage dei (giustamente) indignados PD. A cominciare da quel Carlo Monguzzi, consigliere comunale di Milano, assieme al quale si è fatto ritrarre con tanto di pugno chiuso sollevato, in stile partito marxista-leninista anni settanta.
Stavolta non si apre nessun cielo, tutti zitti. Il riferimento al nazifascismo, vero o presunto, non va bene, quello al comunismo evidentemente sì. Qualcuno allora si mette a fare il conto dei morti, quelli provocati dai rossi sarebbero assai più di quelli dei neri, anche se a dire il vero i rossi hanno avuto più tempo a disposizione, oltre settant’anni.
Il punto non è questo, e nemmeno forse la lacuna di un ordinamento che ha messo fuorilegge soltanto un estremismo (assassino) e non anche l’altro. Il punto è che chi rappresenta lo Stato, le Istituzioni – come peraltro è stato fatto notare al carabiniere di cui sopra – dovrebbe avere un comportamento doppiamente irreprensibile. Non ostentando alcun simbolo o atteggiamento che si richiami ad alcunché. Proprio perché indossa una divisa o una fascia tricolore, a costui non è permesso di indossare o ostentare altro.
Non crediamo che il sig. Giuseppe Sala si renderà mai conto della sua strafottente mancanza – questa sì, flagrante ed accertata, e recante offesa a chi a vario titolo è stato vittima o parente di vittima del comunismo – , e del resto basta entrare tutt’ora in un qualsiasi ufficio pubblico per accorgersi che una discreta parte dei locali destinati agli impiegati sono addobbati di bandiere arcobaleno, effigi di Che Guevara, Mao Tze Tung, Ho Chi Mihn, Karl Marx, Friedrich Engels e compagnia bella, ed è soltanto da poco che sono in diminuzione le bandiere rosse con stelle, falci e martelli.
Un malcostume, indubbiamente, perché quegli uffici e chi ci lavora sono o dovrebbero essere al servizio di tutti, e dalla parte di nessuno. Quei simboli comunisti saranno semplicemente un malvezzo culturale, ma aprono la porta a peggio. Certo, non si può pretendere che con esempi come quelli di Sala i suoi impiegati o quelli di altre amministrazioni pubbliche si comportino meglio.
Del resto, torna alla mente quel governatore di Regione che anni fa si permise pubblicamente di riferirsi all’allora presidente del consiglio come a «quel puttaniere». Non solo non si scandalizzò nessuno, ma l’ha passata liscia ed è ancora in carica.
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