«Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo… Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando. Questo è diventato L’urlo» (Edvard Munch, 1893)
Il 12 febbraio 1994, mentre gli occhi del mondo erano fissi sulla cerimonia di apertura dei XVII Giochi Olimpici invernali di Lillehammer, due uomini si introducevano nel Museo Munch di Oslo e trafugavano uno dei quadri più famosi del mondo: l’Urlo.
Al suo posto, i ladri lasciarono un biglietto beffardo con scritto «grazie per le misure di sicurezza così scarse». Il dipinto fu ritrovato intatto tre mesi dopo in un albergo di Asgardstrand, 100 km. A sud della capitale norvegese. Dei ladri nessuna traccia.
Dell’urlo esistono quattro versioni, due del 1893, una del 1895 e una del 1910, che Munch considerava definitiva. Quest’ultima fu oggetto di un furto dieci anni dopo al prima, il 22 agosto 2004. Fu sottratta dalla National Gallery di Oslo assieme ad un’altra opera dell’artista, La Madonna. Ambedue i quadri vennero recuperati due anni dopo, e dopo un restauro durato altri due anni furono nuovamente esposti al pubblico.
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