Dice, che diavolo c’entrano questa banda di spostati che fanno heavy metal tedesco con l’incidente delle Frecce Tricolori a Ramstein nel 1988? Domandatelo a loro. Quando si costituirono, nel 1993, dichiararono di ispirarsi a quella tragedia accaduta 5 anni prima. E siccome da bravi tedeschi la sottigliezza non è il loro forte, rafforzarono il concetto raddoppiando le emme, stabilendo (sic!) una analogia con il verbo rammen che significa urtare con violenza.
Nella Germania che rinasceva e si riunificava al principio degli anni 90, la Neue Deutsche Härte aveva spazio a volontà. Per dei ragazzi tedeschi che di passati da rifiutare ne avevano a bizzeffe, ispirarsi ad un fatto tragico di cronaca che aveva colpito allo stomaco come un cazzotto l’opinione pubblica mondiale era quasi giocoforza. I Rammstein volevano urtare con violenza il mondo della musica e dell’arte, e la tragedia delle Frecce Tricolori italiane servì a battezzarli. Il resto lo fecero loro con la continua ricerca di sonorità (il cosiddetto industrial metal, o tanz metall, riadattamento germanico dell’heavy metal) e di temi che a quel punto potevano permettersi di essere i più trasgressivi possibile.
I Rammstein furono più volte accostati al nazismo, e si premurarono sempre e prontamente di sgombrare il campo dagli equivoci. Come dissero una volta, «la svastica ai loro concerti non era la benvenuta». Anche se una certa scelta di temi e di simboli estetici – diciamo così – borderline mantennero la confusione. Ma si trattava più di messaggi estetizzanti che politici. Come David Bowie vent’anni prima, si trattava di artisti (o nel caso specifico presunti tali) e non era il caso di prendere per oro colato le loro licenze poetiche.
Nel loro pedigree, dicono gli esperti del genere, si trovano piuttosto i DAF, i Kraftwerk, Nina Hagen, i Rage against the machine. I loro testi pare che si ispirino più ai Fratelli Grimm, a Goethe, a Brecht che ai teorici delle filosofie politiche che in vario modo hanno influenzato la moderna storia tedesca.
Abbiamo scelto di loro due brani, che danno l’idea dei personaggi e delle musiche.
Continuerete a dire, ma che c’entrano con le Frecce tricolori ed il disatro di ramstein? Niente, magari loro non sanno nemmeno che cosa successe esattamente quel giorno in cui trovarono il loro nome di battesimo. Perché il corpo aeronautico d’elite più famoso e abile del mondo nel campo delle pattuglie acrobatiche nazionali quel giorno, il 28 agosto 1988 alla base NATO di Ramstein nella allora Germania Ovest, fu autore e vittima di un incidente che costò la vita a tre degli avieri italiani in volo ed a 67 spettatori, oltre a lasciarsi dietro 346 feriti più o meno gravi.
Non sanno sicuramente niente a proposito della coincidenza per cui dei tre degli acrobati dell’aria che persero la vita quel giorno nei cieli della Germania due erano in volo – e quindi testimoni – la notte del 27 giugno 1980, quando nei cieli di Ustica si verificò ciò che avrebbe provocato l’abbattimento del DC9 Itavia e la morte degli oltre 80 suoi passeggeri. E che oggi sappiamo essere stata una battaglia aerea tra forze NATO e forze libiche allora avverse.
Non sanno niente, e del resto anche noi ne sappiamo poco o nulla nonostante il tempo trascorso e le indagini di valenti magistrati come Rosario Priore, dei sospetti secondo cui gli aerei del tenente colonnello Mario Naldini e del suo pari grado Ivo Nutarelli furono manomessi e quindi messi nelle condizioni di innescare l’incidente che causò 70 morti a Ramstein e chiuse loro la bocca per sempre.
Non sappiamo niente, quasi 40 anni dopo. E allora, tanto vale ascoltare i Rammstein. Più male di quello che vedemmo tutti il 28 agosto 1988 alla televisione, non possono fare.
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