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Renaissance

I Medici nella fiction

Come la racconti al giorno d’oggi la storia di Firenze? San Giovanni – il suo Patrono – notoriamente non vole inganni. Già, ma non vuole nemmeno retorica, o d’altro canto pedissequità scolastica.

«Firenze è una città di pensatori visionari», spiega messer Gentile Becchi, ex precettore dei rampolli di Casa Medici Lorenzo e Giuliano, a Clarice Orsini, nobile romana che lui sta accompagnando a prender per marito proprio quel Lorenzo che un giorno sarà chiamato il Magnifico. E’ fiction quanto si vuole, ma è una fiction che ha colto nel segno, restituendoci la nostra città, la nostra gente, la nostra storia più o meno così come dovevano essere.

Quei pensatori visionari non si sarebbero accontentati delle paludate ricostruzioni della storia ufficiale. Se avessero potuto commissionare loro una serie televisiva, crediamo – e l’abbiamo detto più volte – che avrebbero accordato il proprio favore proprio a questa: I Medici – Masters of Florence.

Paolo Buonvino

E’ una coproduzione italo-inglese, suddivisa in tre stagioni: quella del fondatore Cosimo il Vecchio, quella dell’ascesa di Lorenzo il Magnifico fino alla Congiura dei Pazzi, quella del suo predominio fino alla morte. Per quanto la RAI vi abbia avuto voce in capitolo al 50%, il taglio dello sceneggiato è decisamente anglosassone. Ed è un bene. Inglesi e americani hanno un altro passo quando si tratta di raccontare la Storia. Anche se si tratta della nostra Storia.

Il maestro Franco Zeffirelli, per esempio, prediligeva gli attori anglosassoni, e non a caso. Da Richard Burton a cui, dopo diverse parti, affidò da leggere l’accorato appello per Firenze alluvionata, a Leonard Withing e Olivia Hussey a cui affidò nientemeno che Romeo e Giulietta di Shakespeare, a Graham Faulkner e Judi Bowker che scelse per Francesco e Chiara di Assisi, a Robert Powell ed ancora la Hussey che volle nei panni di Gesu di Nazareth e di sua madre Maria, la Madonna. I risultati premiarono sempre l’intuizione del maestro, ed hanno continuato a farlo anche dopo di lui.

L’Iliade nelle mani di Wolfgang Petersen diventa il kolossal Troy, ed alzi la mano chi non riconosce con piacere l’Achille studiato sui noiosi banchi di scuola nell’epico Brad Pitt. L’Inferno di Dan Brown fa sorridere in certi passaggi per certe ingenuità e forzature dell’action cinema americano, ma ha un piglio narrativo che probabilmente non sarebbe dispiaciuto nemmeno a Padre Dante.

Skin

La fiction sui Medici scorre via che è un piacere, e pazienza se alcuni particolari non combaciano con le cronache e la tradizione. Dustin Hoffman – e ne citiamo solo uno per tutti – rende Giovanni di Bicci, il fondatore della famiglia dei banchieri, alla perfezione. Un capofamiglia vissuto di usura e commercio che porta la famiglia nella legalità, bancaria e politica. Fatte le debite proporzioni, un Michael Corleone del Quattrocento. Dustin Hoffman come Al Pacino, ma all’ombra di Santa Maria del Fiore.

Se accettiamo il gioco, la sfida, gli anglosassoni ci raccontano delle nostre origini in modo convincente e divertente. E ci restituiscono la nostra storia in modo verosimile e finalmente accattivante.

Il resto lo fa, come sempre, la musica. Per la colonna sonora dei Masters of Florence, fu scelta questa Renaissance scritta dal soundtracker di lungo corso Paolo Buonvino e cantata da Deborah Anne Dyer, in arte Skin, già leader della band britannica Skunk Anansie. E fu scelta bene. Buona festa del Patrono a tutti, fiorentini e non.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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