ROMA – «Se gli estremisti vinceranno l’imminente sfida elettorale il conto lo pagheranno le famiglie, i piccoli imprenditori, i giovani, i pensionati, il popolo. E non si deve aver paura di sfidare a viso aperto i diffusori di bugie spaziali. Loro hanno i social e i talk, noi dovremo chiamare a raccolta più persone possibili anche al di fuori della stretta cerchia politica. Da oggi deve partire il coinvolgimento di tante persone che vedono il rischio che l’uscita dalla casa comune europea distrugga il futuro dei nostri figli. Casa per casa, porta a porta, piazza per piazza»
Matteo Renzi chiama a raccolta il popolo PD. La svolta impressa da Sergio Mattarella alla vicenda dell’incarico di governo rimette in gioco il partito uscito sconfitto dalle ultime elezioni, ed anche un fiuto politico da raffreddato cronico come quello del suo ex segretario percepisce che tutto è tornato in gioco, si riapre la partita, la minoranza – soprattutto se in questo momento alza la voce sfruttando l’amplificatore fornito da media in stragrande maggioranza schierati dalla sua parte – può avere ancora un futuro, di sicuro governerà ancora. Grazie al presidente da lei eletto tre anni fa e grazie alle probabili nuove elezioni, che si svolgeranno in un clima da guerra civile quantomeno mediatica.
L’appello di Renzi alla mobilitazione potrebbe sembrare normale, uno dei suoi tanti, a metà strada tra la spacconeria da provincia fiorentina che gli è tipica da sempre e la necessità di controffensiva mediatica comprensibile da parte di una forza politica finora in rotta come l’esercito italiano a Caporetto. Peccato che cada in un clima già arroventato proprio dalle prese di posizione del suo stesso partito, evocatore di violenza politica al pari se non più di quella che vorrebbe millantare di controbattere.
In queste ore, il solerte Michele Anzaldi – deputato PD con delega al Santo Uffizio ed alla Propaganda Fede – sta incitando nuovamente il capo della Polizia Gabrielli (che crediamo avrebbe o dovrebbe avere di meglio e di più utile da fare, a giudicare dalle ultime notizie a proposito di stupri di gruppo, sequestri di ambulanze e compagnia bella) a scatenare la sua polizia contro i minacciatori del presidente. Il prode Anzaldi non è nuovo a simili prese di posizione, di recente avrebbe voluto far inginocchiare in preghiera il paese intero per le condizioni di salute dell’ex presidente Giorgio Napolitano, come si è visto non proprio un benemerito dell’opinione pubblica.
Senza intendere minimamente avallare comportamenti o anche semplici dichiarazioni di intento violenti nei confronti di chicchessia, riteniamo che questo atteggiamento in realtà risponda all’ennesima boldrinata, la volontà di ritentare l’inserimento nel nostro ordinamento giuridico del reato di opinione, e sarebbe la seconda innovazione dopo quella concernente le prerogative presidenziali operata da Sergio Mattarella. Ritenere il cui comportamento come scorretto rientra peraltro fino a prova contraria tra i diritti garantiti dalla Costituzione ai cittadini italiani. A meno che in queste serate romane non ci siamo persi qualcos’altro.
Nel frattempo, il mondo cosiddetto intellettuale offre il suo non richiesto ma sempre gradito supporto al potere costituito. Una nota a firma di tutti i più prestigiosi docenti di giurisprudenza avalla l’operato del capo dello stato in merito alla crisi Conte-Cottarelli. Non si può fare a meno di notare che è la seconda volta che il mondo accademico ossequia quello politico in massa, dopo la dichiarazione di fedeltà pretesa e ottenuta dal regime fascista nel 1938 da parte del corpo docente universitario italiano (si rifiutarono solo in 13 su un migliaio). Crediamo di essere autorizzati a pensare che il prof. Barile, a cui si intitola la scuola giuridica alla quale si dichiarano affiliati i suddetti docenti, si stia rivoltando nella tomba. Vale peraltro a destituire di fondamento la presa di posizione di cotanta intellighenzia, crediamo, quella dell’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida – uno che il diritto lo esercita e non si limita ad insegnarlo – che nella giornata di ieri ha chiarito esaurientemente e assai poco benevolmente i termini dell’azione di Mattarella.
Chi si rivolta nella tomba invece tra i padri del nostro giornalismo moderno è facile immaginare, al cospetto dello schieramento dei media a favore del Quirinale e dei suoi comportamenti. Il solo Fatto Quotidiano si schiera in queste ore contro Re Sergio, il resto è un coro greco che definire a questo punto tendente al regime non è azzardato.
Nel frattempo, M5S e FdI annunciano l’intenzione di proseguire con la richiesta di messa in stato d’accusa del capo dello stato, da cui invece Salvini fa sapere di dissociarsi. La Lega parteciperà invece alla manifestazione annunciata per il 2 giugno a Roma in occasione della Festa di una Repubblica abbandonata dalle sue stesse istituzioni. L’occasione per contarsi, per far sapere a quelle stesse istituzioni che il popolo non sta con Mattarella, la politica non si risolve con un hashtag su Twitter (non si sa tra l’altro quanto genuino) e la costituzione non è quella che a quanto pare insegnano attualmente nelle nostre università. O di cui si parla nelle sedi del PD.
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