Ombre Rosse

Riflessioni sul fascismo (e chi se ne riempie la bocca)

Charlie Chaplin nel ruolo del Grande Dittatore (1940)

Al di là degli «al lupo, al lupo!» gridati sempre più di frequente da qualcuno a solo scopo di conservazione del potere (avrei detto a scopo elettorale, se quel qualcuno fosse una forza politica abituata ad andare al governo per mezzo di libere elezioni, ma non è così), il tema del fascismo e dell’eventualità di un suo ritorno è interessante.
Ogni secolo ha avuto la sua forma di follia, nazismo, fascismo e comunismo sono state tipiche del ventesimo. Quello che stiamo vivendo ne sta sicuramente mettendo a punto altre, che magari riprendono spunti dalle precedenti e finiranno per rivelarsi forse anche più atroci nelle conseguenze. Detto questo, da storico (sicuramente dilettante) quale mi picco di essere mi corre l’obbligo di dire che (purtroppo) gli ismi di cui sopra non furono soltanto frutto di follia. Il sonno della ragione produsse mostri indubbiamente, come avrebbe scritto un comunista alla fine quasi pentito come Brecht. Ma era un sonno cominciato da tempo e per cause che avevano poco di folle, e molto di lucida grettezza, di più o meno consapevole menefreghismo sociale.
L’economia e la politica avevano smesso da tempo di dare risposte adeguate ai problemi ed alle richieste della gente. E come succede sempre in questi casi, e sa bene chi ha studiato un minimo di scienza della politica, quando i regimi liberali e democratici smettono di rispondere al popolo ed alle sue richiese ed esigenze, entro un tempo di norma non molto lungo lasciano il posto a regimi che terminano in ismi.
Totalitarismi. Che ad un certo punto, a masse (termine quanto mai orribile) che magari stentano sempre più a mettere insieme il pranzo con la cena e/o sono stanche e disgustate di veder andare avanti (e diventare puntualmente i propri spaventosi parassiti) coloro che a tutti gli effetti sono e sembrano i Peggiori (il contrario dei nostri archetipi platonici ed aristotelici), a quelle masse gli ismi finiscono per sembrare una soluzione per forza di cose molto più facile e diretta, se non addirittura affascinante.
Questo potrebbe risuccedere, anzi risuccederà senz’altro, se le nostre istituzioni continueranno a sembrare e comportarsi come filiazioni di lobbies bancarie, affaristiche, partitiche (nel senso dispregiativo del termine). Se le leggi finanziarie continueranno a tassare a sangue la produttività. Se le riforme sociali introdurranno nuove sperequazioni anziché eliminare le vecchie. Se verranno fatti sbarcare sulle nostre coste altri morti di non si sa cosa (a vederli, dubito che si tratti perfino di morti di fame), che vengono qui al solo scopo di lavorare (almeno qualcuno) per quel pugno di riso che rappresenta l’unico punto di accordo tra banchieri e comunisti. Il popolo, quando mangia poco, è molto più governabile, almeno finché la corda non arriva ad essere tirata fino al punto di rottura. Questa è l’unica follia che si rincorre da un secolo all’altro.
Di qui a dire che Salvini rappresenta l’avvento di tutto questo, è un discorso che può fare soltanto un quoziente di intelligenza che una volta avrebbe qualificato di diritto per le cosiddette Scuole Differenziali. Oppure chi in questo sistema ci sguazza e ci prospera alla grande, da Bruxelles a Capalbio, da via del Nazareno a Marina di Bibbona.
Mi scuso per averla fatta lunga. Brecht fu più sintetico. Anche Fruttero & Lucentini lo furono (cfr. La prevalenza del cretino).

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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