Politica

Ritorno alla Prima Repubblica

Nella scelta del titolo, eravamo stati tentati dall’evocare il ritorno ad un periodo ancora precedente alla Prima Repubblica. Poi ci siamo detti: non siamo precipitosi, diamo tempo al nuovo governo di adottare i primi provvedimenti tra quelli che ha promesso. E inoltre, per quanto lo si possa esecrare, il Regime era una cosa seria, e paragonarlo a questa farsa in stile Grande Fratello messa in piedi dal Movimento 5 Stelle ci sembra ingiusto, almeno da un punto di vista storico. Comunque lo si valuti, Mussolini è stato un personaggio di spessore. Grillo è un patetico buffone. Non possono essere accostati, se non nel conto finale dei danni.

E dunque, quando alle 20 quasi suonate Davide Casaleggio esce dal suo portone per commentare il risultato finale della consultazione sulla Piattaforma Rousseau circa il nuovo governo del compromesso storico PD-M5S, non si può ancora parlare di regime, anche se Orwell ci ha preparati da tempo a ciò a cui stiamo assistendo. E’ un personaggio pericoloso e inquietante questo guru delle piattaforme informatiche applicate alla politica, il Casaleggio jr., così come del resto lo era suo padre. Sentirlo annunciare trionfale l’avvento della nuova era in cui la gente si esprimerà con il nuovo metodo (sul PC anziché in regolari elezioni, 50mila persone invece dell’intero corpo elettorale) circa le scelte politiche da adottare, ci fa scendere giù per la schiena un brivido neanche tanto sottile. L’altro personaggio inquietante che sta dietro a tutto questo, Beppe Grillo con i suoi vaffa e la sua politica post-ideologica (destra e sinistra sono come erano un tempo Francia e Spagna…..), almeno è riconducibile a un avanspettacolo, ad un burlesque che conosciamo bene. Il gesto dell’ombrello sappiamo farlo tutti, e l’abbiamo fatto tutti, quando ci stava e ci scattava. Ma la Piattaforma no, quella è un’altra faccenda. Preannuncia un futuro che forse è ancora più inquietante e terribile di quello di 1984.

Quello che è certo è che se l’ora più buia – come scrivevamo nei giorni scorsi – era suonata sul cielo della patria la sera in cui Mattarella conferì l’incarico bis all’ineffabile Conte, quella che è scattata alle venti di ieri sera è un’ora diversa, forse la prima di un regime che non si può più definire in ogni caso come democratico (parlamentare o cosa diavolo d’altro si voglia). Il popolo, a nome di cui tutti parlano e dichiarano d’agire, con ciò che sta andando in onda sulle nostre TV ed i nostri PC ha poco a che fare, se non subire. Non c’entra nulla.

L’Avvocato del Popolo dunque oggi tornerà a salire al Quirinale, dopo aver rimesso al Popolo la Parcella, per la verità salatissima. Questo tombeur des femmes et des gouvernements di provincia, avallato (ma non c’erano dubbi) dalla Piattaforma che Giorgia Meloni ha efficacemente definito Truffò, va ad incassare il premio di una manovra che lui stesso ha contribuito a preparare da tempo. Nella narrazione di chi si è arraffato il governo tingendo il verde di rosa continuerà a ripetersi che è stato Salvini a mettere in crisi il governo gialloverde, quando nella realtà che ormai tutti hanno compreso e che perfino i mezzi di informazione schierati a sinistra ammettono, è stato lo stesso Conte a saltare su come un grillo (ci si perdoni il gioco di parole) non appena il leader della Lega gli è comparso davanti la sera dell’8 agosto. Salvini aveva capito cosa lo aspettava e giocò d’anticipo. Ma Conte era pronto da tempo. Angela Merkel aveva già fatto la sua consueta telefonata. L’Europa era pronta ad accogliere il PD che torna al governo dopo otto sconfitte elettorali consecutive. Conte volò a dimettersi sapendo di avere già pronto il reincarico ed il programma per un nuovo governo.

In tutto questo, gioca il suo ruolo ormai consueto Sergio Mattarella. Il difensore della Costituzione, il primo costituzionalista a capo di uno Stato dove tutti sono costituzionalisti così come una volta tutti erano commissari tecnici del calcio, ha coronato un cursus honorum trentennale durante il quale ha fatto in modo di rendere la carta costituzionale un modus operandi della politica sempre più inadeguato e sempre più offensivo rispetto ai cittadini ed ai tempi. Dice, ma così sei tu che offendi, vilipendi il capo dello Stato! No, cari, è esattamente il contrario. E’ stato questo anziano signore messo lì non a caso dall’altrettanto ineffabile Renzi a vilipenderci tutti, come cittadini di uno Stato che credeva di essere appunto democratico.

«Compito del Presidente della Repubblica è quello di accertare la concordanza tra corpo elettorale e parlamentare. Assolve a tale ruolo attraverso l’impiego dell’istituto dello scioglimento anticipato, quando vi siano elementi tali da renderlo necessario o anche solo opportuno in termini di gravi disarmonie fra attività degli eletti e sentimento del popolo.» (Da Istituzioni di Diritto Pubblico di Costantino Mortati, Cedam 1958, pagine 369-370).

Abbiamo studiato tutti sul Mortati, il padre del nostro diritto moderno, a cominciare da chi adesso esercita la professione o l’hobby del costituzionalista un tanto al chilo. Su Mattarella ed il suo a nostro giudizio indegno e inaccettabile servizio a questo paese non aggiungiamo altro. Si pronuncerà la storia, come sempre, e d’altra parte non vogliamo offrire a liberali come Fiano e Mancino il destro per chiuderci la bocca.

Due parole sul PD. Questi signori, che vengono da sette anni di malgoverno ed altrettante batoste elettorali, sono eredi di due partiti che hanno fatto la storia della Prima Repubblica, alla quale non a caso adesso ci vogliono riportare, se non ci hanno già riportati con lo spettacolo indegno a cui ci hanno fatto assistere in questi giorni. La Prima Repubblica era il regno delle manovre parlamentari nel chiuso dei palazzi, degli inciuci su cui il popolo non aveva diritto e potere di pronunciarsi. La Prima Repubblica visse sulla contrapposizione (non più realmente effettiva a partire dagli anni settanta) tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, i due partiti più anti-nazionali, anti-stato, anti-italiani che l’Italia abbia conosciuto nella sua storia unitaria. Due chiese. I due partiti più asserviti agli interessi stranieri che il dopoguerra ci abbia fornito. Dice, ma c’era la Guerra Fredda. Certo, e se la sono fatta pagare bene, da ambo le parti.

Il Partito Democratico eredita il DNA di forze nemiche dell’interesse nazionale, ed essendone il discendente diretto, il figlio degenere, deforme, emofiliaco, porterà alle estreme conseguenze l’opera di distruzione dello Stato e del popolo italiano avviata dai suoi archetipi della Prima Repubblica.

E lo farà facendo a gomitate con l’altra forza anti-stato, anti-sistema, anti-tutto: il Partito del vaffanculo, il Movimento 5 Stelle.

Luigi Di Maio ha oggi l’occhietto malizioso e irridente che hanno certi suoi conterranei quando pensano di aver messo a segno qualche furbata. Probabilmente è convinto di aver messo fuori gioco il centrodestra e di aver stretto in un abbraccio mortale il PD, che (nel film che si è fatto a Villa Grillo a Bibbona) svuoterà dall’interno della compagine governativa succhiandogli via di nuovo i suoi voti. Succederà verosimilmente il contrario, ma se il cielo guardasse benevolmente verso il nostro paese nei prossimi mesi ci regalerebbe lo scontro all’ultimo sangue tra queste due forze, fino a che non si disintegrino a vicenda.

Nel frattempo, a Gigino Di Maio, al furbastro teorico del post-ideologismo, al capo politico che per sua ammissione non decide, è toccato il Ministero più inutile: gli Esteri. Alla Farnesina basta che ormai si limitino a lasciare in funzione un FAX. L’Europa ci farà sapere giorno dopo giorno cosa chiede.

E cosa deve fare la serva Italia di dolore ostello, perché Ottinger & c. continuino a guardarci con indulgenza.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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