C’é stato un tempo in Scozia in cui l’appartenenza religiosa o politica erano questioni automatiche. Gli scozzesi erano protestanti più o meno radicali (quelli delle Sette, per intenderci) nella misura in cui gli odiati inglesi erano anglicani (appartenenti cioé a quella specie di cattolicesimo senza il Papato che fu la Chiesa d’Inghilterra dopo la Riforma di Enrico VIII). Gli scozzesi, tuttavia, sostenevano gli Stuart cattolici non soltanto in quanto dinastia autoctona, ma proprio perché tradizionalmente avversaria (e concorrente) dei monarchi protestanti che si succedevano sul trono inglese. Gli Stuart avevano riunito le due corone profondamente nemiche per tutto il diciassettesimo secolo, dalla morte della Grande Elisabetta alla Gloriosa Rivoluzione, e per i loro riottosi concittadini sostenerli divenne una questione di orgoglio e di identità nazionale.
Robert McGregor detto Il Rosso era nato nel 1671 a Glengyle nei pressi di Loch Katrine nelle Highlands meridionali. Era il terzo figlio del capo del clan dei McGregor, uno dei più importanti della Scozia. I McGregor erano ferventi protestanti, ma quando il giovane Robert raggiunse la maggiore età sostenevano un principe cattolico, Giacomo Edoardo Francesco Stuart, figlio di Giacomo II, il re deposto da Guglielmo d’Orange, lo stadtholder d’Olanda che era stato chiamato in Inghilterra dalla Rivoluzione del 1688.
Per i McGregor e gli altri scozzesi lealisti, il sovrano scacciato dagli inglesi era Giacomo VII, seguiva cioé la numerazione dinastica scozzese, suo figlio era il Pretendente (col passare degli anni sarebbe diventato il Vecchio Pretendente) ed i suoi sostenitori si identificavano come Giacobiti.
Il giovane Robert aveva ereditato questa appartenenza insieme a quella di clan. Ma si doveva pure sbarcare il lunario, e allora entrò a servizio di un nobile appartenente a quella schiatta di lord scozzesi che discendevano da avventurieri inglesi trapiantati in virtù della benevolenza di vari sovrani. James Graham duca di Montrose doveva in particolare le sue fortune al sostegno a quello Union Act che nel 1707 aveva riunito definitivamente le corone di Inghilterra e Scozia. Non esattamente un benemerito della popolazione locale, insomma.
Robert divenne un fittavolo del duca, ma a servizio dell’arrogante nobiluomo ci durò poco. Fu accusato di furto da coloro stessi che gli avevano sottratto un prestito ottenuto dal duca per l’acquisto di un appezzamento proprio di terra. Non potendo restituire la somma, fu dichiarato fuorilegge ed il 3 ottobre del 1712 quella che era una vita normale – per i tempi – divenne una vita improvvisamente e pericolosamente avventurosa, anche per lo standard dei tempi.
Robert McGregor divenne Rob Roy. Personaggio che ebbe la fortuna di essere esaltato dalla penna di due mostri sacri della letteratura britannica: il contemporaneo Daniel Defoe (The Highland Rogue, 1726) ed il creatore di miti Walter Scott (Rob Roy, 1818). Non esiste alcuna certezza storica attorno alla figura di Robin Hood, ma è certo che Rob Roy fu celebrato dai suoi connazionali come il Robin Hood scozzese.
Passato al clan degli Argyll, scozzesi purosangue anche loro ma tradizionalmente sostenitori della causa protestante al punto da schierarsi in prima linea nella rivoluzione che aveva detronizzato gli Stuart a Londra e posto sul trono Guglielmo d’Orange, si ritrovò a combattere nelle battaglie di Sherimfuir e di Glen Shiel, che posero fine alle pretese dei Giacobiti almeno per la sua generazione.
Malgrado fosse ormai una specie di Eroe dei Due Mondi britannico, su di lui pendeva ancora la taglia postavi da Montrose. Catturato dagli inglesi, scontò un paio d’anni in galera a Londra, prima di essere graziato, anche in virtù della notevole pubblicità fattagli da Defoe.
Nei suoi ultimi anni, poté godersi una tranquillità che la sua vita praticamente non aveva mai conosciuto. Narrano le cronache che il suo addio a questo mondo fosse particolarmente poetico, in carattere con il personaggio che era stato. Mentre chiudeva gli occhi per l’ultima volta, a Balquhidder sulle rive del Loch Voil (sulle rive di un lago era nato, sulle rive di un lago se ne andava), una cornamusa suonava I shall return no more, una struggente, lamentosa melodia della sua terra.
Rob Roy McGregor è un eroe nazionale scozzese, al pari di William Braveheart Wallace. La sua vicenda è stata raccontata ai giorni nostri mediante il ricorso alla forma d’arte più potente che l’uomo abbia inventato: il cinema. La regia è di Michael Caton-Jones, il film è del 1995 e Rob Roy ha il volto predestinato di Liam Neeson. Sua moglie, Mary Helen anche lei appartenente al clan McGregor, ha le fattezze di Jessica Lange.
Il brano di oggi è tratto dalla suggestiva colonna sonora predisposta per il film da Carter Burwell, che si avvale anche di brani tradizionali scozzesi come questo cantato dalla voce magica dell’irlandese Méav Ní Mhaolchatha.
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