Per molti, si tratta dell’atto di nascita ufficiale del rock’n’roll. Il 20 maggio 1954 uscì in America Rock around the clock, incisa da un complesso fino a quel momento semisconosciuto: Bill Haley & His Comets. Inizialmente un lato B, nel 45 giri in cui Thirteen Women (oggi pressoché dimenticata) era la hit di successo. Non appena divenne la colonna sonora del Seme della violenza (una specie di Attimo Fuggente ante litteram, alle prese con le inquietudini giovanili americane del dopoguerra), il brano decollò e divenne il primo di un nuovo genere destinato a rivoluzionare completamente la musica, per non parlare della società.
Non più un tentativo di rivisitazione di generi musicali tipici dei colored statunitensi, jazz e blues che affondavano le radici nella musica nera di origine africana, oppure country western di origine pionieristica, ispano – americana. No, il nuovo verbo musicale, il rock, era un qualcosa che i bianchi avevano fatto loro e poi rielaborato completamente. Bill Haley fu il primo rocker bianco, la nuova musica – nelle mani di fuoriclasse carismatici come Elvis Presley – era pronta per conquistare il mondo e le nuove generazioni.
Esattamente 20 anni dopo, rilanciata dal capolavoro d’esordio di George Lucas – quell’American Graffiti che costrinse tutti a chiedersi: dove eravate voi nel 1962? -, Rock around the clock divenne la colonna sonora di un altro Amarcord, nonché serie televisiva di culto destinata a propagandare il mito della generazione dei Sixties a quelle successive. Prima che il brano appositamente inciso da Charles Fox ed omonimo della serie entrasse nella mente e nel cuore di tutti aprendo ogni puntata ogni sera che Dio metteva in terra e nei nostri salotti, Happy Days cominciava con la sequenza del vecchio juke-box già allora in via di sparizione, e con la voce di Bill Haley che accompagnava i titoli di testa di quello scanzonato revival dei migliori anni della nostra e di tante altre vite.
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