Adesso sono al Queen’s. Tra una settimana giocano a Eastbourne. La superficie è verde, siamo sull’erba. Green court. Può voler dire una cosa sola. Tra pochi giorni i Doherty Gates riaprono. Comincia Wimbledon.
Nel 1983 ero a Londra, proprio nel periodo in cui si disputava The Championship, come gli inglesi chiamano affettuosamente ed orgogliosamente il loro torneo di tennis, l’ultimo rimasto del Grande Slam a disputarsi on the grass, sull’erba.
Era il periodo in cui sui campi e sul circolo che avevano consacrato da oltre un secolo i gesti bianchi (secondo la celebre definizione di Gianni Clerici, poeta e cantore di un gioco fino a quel momento d’èlite e poi travolto da improvvisa popolarità che ne aveva fatto uno sport di massa) stava passando il ciclone John McEnroe. Che avrebbe cambiato per sempre il tennis, ben oltre l’accantonamento dell’obsoleto fair play e del colore di magliette fino a quel momento rigorosamente immacolate.
Wimbledon stava reggendo bene l’urto, e con esso un’altra istituzione britannica, la BBC. Provenendo io da un paese in cui la televisione era ancora in bianco e nero (nei contenuti se non nelle immagini), la freschezza e la buona disposizione con cui Oltremanica affrontavano i tempi nuovi mi affascinavano. Wimbledon e la BBC si davano il cinque in continuazione, ed hanno continuato a farlo.
Alla TV per tutto il giorno passavano immagini sullo sfondo verde del centre court dove si faceva la storia di una nuova edizione del torneo (avrebbe vinto a mani basse Superbrat – super monello, così era stato soprannominato il mancino di New York – orfano dell’epico rivale Bjorn Borg ed in cerca di avversari nuovi che ancora non si vedevano all’orizzonte). I siparietti di Mac erano all’ordine del giorno, e non scandalizzavano più, anzi divertivano e servivano a riempire i tempi morti. Assai frequenti nel paese che oltre al tennis sembra aver inventato anche la pioggia.
Altro tormentone dell’epoca erano i video musicali realizzati con slow e fast motion, reverse e forward utilizzati in stile DJ per creare quei buffi effetti speciali che simulavano gli sportivi intenti in strani e comici balletti. Il motivo preferito di accompagnamento ricordo che era l’ultimo successo della Electric Light Orchestra, una band post Beatles che suonava rock e pop glam, art, progressive e synphonic, e chi più ne ha più ne metta. Mi feci una cultura in proposito, in parallelo al tennis.
Gli E.L.O. all’epoca erano nel periodo d’oro, andavano per la maggiore. Un successo dietro l’altro, ve ne propongo alcuni:
Xanadu (in duetto con Olivia Newton John)
E poi c’era quell’ultimo pezzo appena uscito, che passava in continuazione sulle radio e alla televisione. Grande musica e grande tennis, formidabili quegli anni. E non soltanto perché avevo vent’anni.
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