Le spoglie mortali di Horatio Nelson, primo visconte Nelson e primo duca di Bronte nonché eroe dell’Impero Britannico, furono sepolte nella cattedrale di Saint Paul a Londra il 9 gennaio 1806 al termine dei funerali di stato.
L’Inghilterra doveva molto a quest’uomo, forse tutto. Si era aspettata che ognuno dei suoi marinai e soldati facesse il proprio dovere, come l’ammiraglio poi caduto aveva detto ai suoi uomini dal ponte di comando della sua nave, la Victory dal nome beneaugurante. Ma se non fosse stato per la sua maestria marinaresca e per il valore di combattenti di quei suoi marinai e soldati, a Capo Trafalgar, di fronte alla flotta dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte, le cose sarebbero andate diversamente, e con loro anche la storia successiva dell’isola che allora governava il mondo. L’isola che – incredibile e inaudito – con la sua Marina Reale era stata capace di mettere il blocco navale ad un intero continente, l’Europa, ritorcendo contro Napoleone quello da lui dichiarato contro le Isole Britanniche.
Alla fine di quel 21 ottobre 1805, al largo di Capo Trafalgar, la flotta inglese festeggiava e quella francese si ritirava in rotta, ma un ultimo colpo sparato da un marinaio della nave francese Redoutable aveva centrato l’ammiraglio, impedendogli di tornare in patria a godersi il suo trionfo come un eroe romano antico.
Nelson aveva gà sbaragliato i francesi ad Abukir, nei pressi del Delta del Nilo, e aveva impedito alla campagna d’Egitto di Napoleone di concludersi con una vittoria totale. La Francia rivoluzionaria dominava per terra, l’Inghilterra in mare. Il verdetto fu confermato a Trafalgar, ed è il motivo per cui Britannia avrebbe governato il mondo per altri due secoli e mezzo (dopo aver scongiurato il pericolo già sventato da Francis Drake contro l’Invencible Armada al tempo della Grande Elisabetta), e perché a Londra esiste una piazza con quel nome, al cui centro svetta una colonna sormontata dalla statua dell’ammiraglio Horatio Nelson e ai cui piedi riposano due maestosi leoni, simbolo dell’Impero allora – lui sì – invincibile.
Il corpo di Nelson era stato riportato in Inghilterra alla fine della campagna marittima e dopo un viaggio non breve. Era stato conservato in un barile di rum, messo sotto spirito come si direbbe adesso. Particolare macabro quanto bizzarro, all’arrivo nella madre patria si scoprì che nel contenitore non vi era più traccia d’alcol. I marinai avevano praticato un foro sul fondo della botte e bevuto tutto il rum ignari o incuranti del fatto che all’interno giaceva il corpo dell’ammiraglio. Ancora oggi, in memoria di questo episodio, viene prodotto il Nelson’s Blood, rum dall’inconfondibile colore rosso.
Il 9 gennaio del 1806 la folla dei londinesi fece ali al corteo del funerale solenne del loro eroe, diretto verso la cattedrale anglicana di Saint Paul. Il popolo avrebbe preferito Westminster, l’antica abbazia che risaliva a prima della conquista normanna ed in cui erano stati sepolti i re e gli eroi inglesi fino ad un secolo prima. Ma lo spazio scarseggiava ormai a Westminster Abbey, royal peculiar, cioé chiesa di proprietà della corona britannica e non della chiesa anglicana. La cui diocesi londinese aveva sede appunto nella cattedrale intitolata a San Paolo che l’architetto Christopher Wren un secolo prima aveva edificato in modo che rivaleggiasse con la quasi gemella San Pietro di Roma.
Il luogo dell’ultimo riposo di Nelson fu dunque la nuova cattedrale che dopo di lui avrebbe accolto le spoglie di altri eroi nazionali come il duca di Wellington che avrebbe guidato a Waterloo l’ultima coalizione europea contro Napoleone, Winston Churchill che avrebbe fatto ruggire per l’ultima volta il leone imperiale britannico guidando la resistenza del mondo libero contro Hitler, e Margaret Thatcher che avrebbe guidato a testa alta il paese in un’epoca in cui nessuno si aspettava più ruggiti di leoni e i sogni di grandezza ormai passavano tutti attraverso il Commonwealth e lo Stock Exchange, la Borsa di Londra.
Nessuno a quel punto cantava più Rule, Britannia!, il poema patriottico composto da James Thomson e musicato da Thomas Arne nel 1740. Che la Royal Navy elesse come sua marcia ufficiale un secolo dopo, nel periodo del suo massimo splendore. E che vi proponiamo oggi come brano del giorno.
Rule, Britannia! rule the waves
Britons never will be slaves
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