Televisione

Si chiude la porta rossa

«Se è vero che nella vita la fine non esiste, nelle storie invece sì.»

Azzeccare il finale era una delle cose più difficili per una serie televisiva che ha azzeccato tutto. Carlo Lucarelli si conferma thriller writer di livello assoluto ed internazionale scrivendo da par suo anche l’ultimo capitolo di una storia che resterà nel cuore dei telespettatori. Per trovare qualcosa di simile bisogna andare indietro negli archivi RAI fino alla Piovra degli anni 80 o addirittura al Segno del Comando degli anni 70. E la Rai può vantarsi a buon diritto di aver aggiunto questo capolavoro al suo palmarès.

Lino Guanciale, Gabriella Pession, Valentina Romani e tutti gli altri attori del cast recitano da par loro il copione messo loro a disposizione da Lucarelli. E manco a dirlo, anche loro non sbagliano nulla.

La porta rossa si conclude all’ottava puntata della terza stagione. Ed è giusto così, fermarsi un attimo prima che il capolavoro diventi consuetudine, Il vizio del sequel ha ucciso in passato tante storie che avrebbero meritato miglior conclusione e miglior memoria.

E si conclude con misura esatta nella scelta delle ultime sequenze e del suggestivo commento fuori campo che accompagna tutta la serie. Leonardo Cagliostro alla fine si ritrova davanti a quella porta che non aveva oltrepassato sei anni fa, nella prima puntata della prima serie. Anima di un morto che rimane nel mondo dei vivi in cerca di risposte che la acquietino, e perché è legato ad un’altra anima la cui esistenza ha reso lui stesso possibile (quella della medium Vanessa, ma l’abbiamo saputo solo alla fine).

Leo è solo, ormai. Ha detto addio alla figlia avuta con la giudice Anna Meyer, di nome Vanessa anche lei, grazie ai poteri medianici dell’altra Vanessa. La figlia putativa e quella biologica sono l’ultimo legame con il mondo dei vivi. Anna è morta all’inizio dell’ultima puntata, ed ha passato la porta. La sua anima non ha niente in sospeso, ha capito la portata e la durata dei suoi sentimenti per il marito Cagliostro, ha smascherato il colpevole del suo stesso assassinio, sa che qualcuno a lei caro provvederà alla sua bambina. Leo cerca di fermarla, e per un attimo temiamo che il finale della storia possa essere guastato da un loro passaggio insieme, mano nella mano. Non è così, Anna e Leo si rivedono e si salutano sulla soglia rossa. E’ un attimo, poi Anna passa. Leo rimane, in cerca delle ultime risposte.

Lino Guanciale, Carlo Lucarelli, Gabriella Pession, Valentina Romani

L’avvincente storia di Lucarelli vive le sue battute finali mettendo in fila uno dopo l’altro momenti di grande emozione e di grande significato. Si conferma che non era stata scelta Trieste per caso, come location. La città che è un film già di per sé (anche se nella terza serie la si vede e la si gode di meno rispetto alla seconda), il luogo dove grandi artisti hanno ambientato la loro letteratura. Non ultimo quel James Joyce («la mia anima è a Trieste») che vi aveva trapiantato la sua Gente di Dublino, e che con il racconto I morti aveva fornito un bello spunto iniziale alla storia di Lucarelli.

Non c’é più l’Ursus, la grande gru del porto adesso in restauro, su cui Leonardo Cagliostro si ritirava a meditare sulle sue domande senza risposta e sulla sua anima infelice e sospesa. Ma quel tetto dove tutto è cominciato c’é sempre, e lì tutto finisce.

Leo è solo, come lo siamo tutti nel momento in cui nasciamo ed in quello in cui ce ne andiamo. L’anima è sola, mentre entra nel corpo o lo abbandona, e per quanto ne sappiamo dopo questa vita se ce n’é un’altra e come è fatta ognuno lo scopre soltanto al momento di passare quella porta. Anna e Leo non potevano passare insieme, Leo può solo sperare di ritrovarla «nel volto sconosciuto di qualcuna», in quell’esistenza che lo attende oltre l’ultima soglia e che sarà «l’oggetto della sua ultima indagine».

La porta rossa si è chiusa, dunque. Non saranno Lucarelli né la stessa RAI a riaprirla. Ma sappiamo che al di là di essa resta custodita per sempre una storia emozionante e suggestiva come la televisione ci ha offerto raramente.

…..l’anima gli si velava a poco a poco mentre ascoltava la neve che calava lieve su tutto l’universo, che calava lieve, come a segnare la loro ultima ora, su tutti i vivi ed i morti.

(James Joyce, The dead, The Dubliners, 1914)

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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