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Sì! Sì! Sinner!!!!!!!!

Stavolta non c’é scaramanzia che tenga. L’urlo può liberarsi dopo sessant’anni di attesa. A White City, Sidney, l’Italia del tennis aveva pianto diverse volte, in Coppa Davis. Alla Rod Laver Arena di Melbourne, adesso, per noi ci sono soltanto sorrisi e abbracci, dopo l’ultimo patema che ha reso la finale degli Australian Open più affascinante e leggendaria.

Gli esperti davano per favorito Danil Medvedev sulla lunga distanza, lui che per ben tre volte aveva rimontato partite già perse nei turni precedenti. Lui che era stato capace di negare ad un Novak Djokovic allora pressoché invincibile la gioia sacrosanta di un Grande Slam più che meritato. Il russo aveva perso le ultime tre volte con l’italiano di San Candido. Sapeva di non dovergli concedere nulla, e allora ha provato ad andarsene in fuga da subito, altro che aspettare la lunga distanza. Bastava un attimo per innescare lethal Sinner, e infatti così è successo.

Sinner aveva perso un set in tutto il torneo, contro Djokovic. Quasi un atto dovuto nel passaggio di consegne tra il vecchio ed il nuovo numero uno del mondo. Oggi ne ha persi due in partenza contro il distruttore di sogni. Medvedev è un signore, le sue dichiarazioni a fine partita ne fanno un gentleman di altri tempi. Ma a trovarselo di fronte sul campo c’é poco da riflettere sulla signorilità. Ci vuole coraggio, carattere, fantasia. Ce ne vuole tanto di tutto ciò alla fine di due settimane che hanno drenato di risorse di ogni tipo anche il più grande dei campioni.

L’Australian Open è una delle quattro prove del Grande Slam. Per vincere, si giocano sette partite al meglio dei tre su cinque, e su una superficie velocissima che non ammette momenti di rifiato. O ci sei, o te ne vai.

I nostri campioni delle varie epoche hanno accarezzato a volte il sogno, per svegliarsi ai suoi confini. Siamo fermi a quel giugno del 1976 in cui Adriano Panatta aveva sbancato il Roland Garros di Parigi. Prima ancora si doveva risalire a Nicola Pietrangeli, 1959 e 1960, gli anni in cui gli azzurri dettero i primi assalti alla Coppa Davis, per tornare sconfitti dai fuoriclasse aussies e dal vento che protegge le coste australiane dai campioni venuti dall’altra parte del mondo.

Abbiamo atteso a lungo il fuoriclasse capace di vendicare queste antiche dolorose sconfitte e di rinverdire i fasti di un tennis italiano che ultimamente annaspava nel circuito fermandosi sempre appena il gioco si faceva più duro. E’ arrivato, si chima Yannick Sinner, è altoatesino e si comporta da italiano come vorremmo che tutti gli italiani si comportassero. Gioca a tennis come Djokovic, e come lui ha carattere e voglia di lottare per allungare un record che promette bene. Il primo Slam non si scorda mai, ma non crediamo – al diavolo la scaramanzia – che sarà l’ultimo.

Yannick si è trovato sotto, come tanti suoi colleghi, tante volte. Due set a zero contro Medvedev il distruttore schianterebbero il carattere di tanti campioni, ne sa qualcosa Djokovic fermato agli US Open da una giornataccia che nessuno, lui meno che tutti, si aspettava. Sinner no, il ragazzo ha ventidue anni, è nel pieno della sua vigoria, ma soprattutto ha una testa che fa invidia a quelle dei fighters di ogni tempo.

Gli basta un attimo per far girare il più compromesso dei match. 6-3 6-3 per Medvedev, il nostro alle prese con una paura di vincere che deve essergli parsa insopportabile, come a noi tifosi. Nell’ultimo gioco di quel secondo set perso dev’essergli scattato dentro qualcosa. 6-4 6–4 6–3 e via ad alzare quella coppa che avevamo visto finora solo da lontano, in mano ad altri.

Piange l’Australia ormai, ogni volta che ci trova. In Coppa Davis, e ora nel più prestigioso dei tornei di casa, Down Under, la terra da cui tornavamo sempre sconfitti, rincorsi da un vento beffardo.

Nell’Arena giustamente intitolata al più grande di sempre, Rod Laver, ride l’Italia che finalmente può coccolarsi il suo grande campione, in attesa delle prossime tappe di questo Slam a cui – incredibile a pensarci fino a poco fa – possiamo partecipare anche noi.

Alza la Coppa, Yannick. Che sia la prima di una grande e lunga serie. Abbiamo fame di gloria come te.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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