Calcio

Storia degli Europei di calcio: Italia 80, Germania canta

La Germania Ovest campione d'Europa per la seconda volta nel 1980

Nel 1980 era di nuovo tempo di Europei. Il mondo del calcio era cambiato di nuovo. L’era del calcio all’olandese volgeva al termine, e nuovi protagonisti si affacciavano alla ribalta. Due anni prima, ai mondiali di Argentina, la nazionale italiana aveva vissuto un momento di gloria, risorgendo prepotentemente dopo l’azzurro tenebra (secondo l’azzeccata definizione di Giovanni Arpino) dell’edizione del 1974 in Germania.

Rifondata da Fulvio Bernardini, l’Italia era stata condotta da Enzo Bearzot ad una brillante qualificazione a spese dell’Inghilterra, e poi ad una prima fase in cui aveva travolto in successione la Francia di Platini, l’Ungheria di Nyilasi e per finire gli stessi padroni di casa, l’Argentina di Mario Kempes. Nella seconda fase, sempre a gironi, la stanchezza e la sfortuna avevano preso il sopravvento: 0-0 soltanto contro una Germania Ovest schiacciata nella propria metà campo, 1-0 con l’Austria e sconfitta finale per 2-1 contro un’Olanda dominata nel primo tempo e poi capace di sorprendere Dino Zoff con due tiracci da fuori area.

La nazionale italiana ad Euro80

Malgrado il quarto posto finale andasse stretto agli azzurri, la prestazione argentina era vista di buon auspicio per il futuro immediato. I ragazzi di Bearzot avevano espresso a detta di tutti il calcio più spettacolare e parevano destinati a togliersi grosse soddisfazioni. A cominciare dal torneo europeo che doveva designare il successore della Cecoslovacchia.

L’UEFA non era soddisfatta dei risultati delle ultime edizioni, in termini di partecipazione di pubblico e spettacolarità. Aveva deciso pertanto di alzare la posta, aumentando ad otto il numero delle partecipanti alla fase finale, di organizzarle in due gironi di semifinale all’italiana (come era successo in Argentina) anziché in turni di eliminazione secchi, di stabilire anzitempo quale sarebbe stato il paese organizzatore, a quel punto qualificato di diritto.

Il primo campionato Europeo di calcio nella nuova veste faceva gola a diverse nazioni occidentali, assolutamente in grado di allestire una edizione che ripagasse le aspettative dell’UEFA. Germania Occidentale, Inghilterra, Olanda si erano candidate al pari dell’Italia. Tre prime volte, contro una seconda, proprio quella dell’Italia che aveva già avuto l’edizione del 1968. Ma la Federazione Italiana Gioco Calcio aveva allora il suo peso in sede UEFA, nella persona del leggendario Artemio Franchi che dal 1973 ne era il presidente, oltre che vice di Joao Havelange alla FIFA.

L’Italia ottenne dunque l’organizzazione dell’Europeo 1980, al quale si presentava inevitabilmente con la qualifica di favorita sull’onda delle belle prestazioni della selezione azzurra. La squadra di Bearzot sembrava in ulteriore crescita dopo il mondiale argentino. Con la Germania Ovest e l’Olanda in calo, i favori del pronostico erano tutti suoi.

Ma era destino che Italia 80 si rivelasse una delusione così come lo sarebbe stata Italia 90 dieci anni dopo. La maledizione azzurra agli Europei si sarebbe manifestata la prima volta proprio in occasione del bis casalingo, la sesta edizione in assoluto da quando il torneo era stato istituito.

Alle qualificazioni partecipò tutto il continente. Non era più tempo di esclusioni politiche o di boicottaggi, almeno in Europa, a differenza di quanto sarebbe accaduto nelle imminenti Olimpiadi di Mosca. Nel girone 1, l’Inghilterra rigenerata dal talento di Kevin Keegan dominò il consueto girone delle isole britanniche, con l’aggiunta della Danimarca di Allan Simonsen. Nel girone 2 il Belgio vinse un testa a testa con Austria e Portogallo. Nel terzo girone, la Spagna ebbe ragione di Jugoslavia e Romania. Nel quarto, l’Olanda superò Polonia e Germania Est. Nel girone cinque la Cecoslovacchia campione in carica si lasciò dietro la Francia di Platini. Nel sei, la Grecia a sorpresa prevalse su Ungheria, Finlandia e soprattutto URSS. Nel sette, la Germania Ovest vinse un girone facile su Turchia, Galles e Malta.

La fase finale, che doveva aver luogo dal 11 al 22 giugno 1980, vedeva schierate dunque ai nastri di partenza le nazionali più forti del momento. I due gironi furono sorteggiati così: nel gruppo A Cecoslovacchia, Germania Ovest, Olanda e Grecia; nel gruppo B Italia, Spagna, Belgio ed Inghilterra. Gli stadi italiani designati ad ospitare gli incontri dell’Europeo erano quattro: Olimpico di Roma, San Paolo di Napoli, Comunale di Torino, San Siro di Milano.

Tutto era pronto per la messa in onda del più grande spettacolo del continente. Tutto era pronto per la consacrazione dell’Italia di Enzo Bearzot a livello internazionale. Fu allora che il destino colpì.

Il 1° marzo del 1980 due oscuri personaggi del sottobosco affaristico capitolino, Massimo Cruciani ed Alvaro Trinca, denunciarono di essere stati truffati da alcuni calciatori della Lazio nell’ambito di un giro di scommesse clandestine basate su partite di campionato truccate. I laziali a loro dire non avevano rispettato la combine. L’inchiesta della Procura di Roma portò ad una serie di arresti in diretta in tutti gli stadi d’Italia, coinvolgendo squadre importanti e nomi eccellenti.

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Tra questi, c’erano i due migliori attaccanti in circolazione: Paolo Rossi, il Pablito eroe d’Argentina, e Bruno Giordano, er core de Roma laziale, erede di Giorgio Chinaglia. Perfino Giancarlo Antognoni della Fiorentina fu sfiorato dall’inchiesta, risultando poi assolutamente sollevato da ogni addebito. Anche l’innocenza di Rossi e Giordano fu in seguito ristabilita (o comunque non ne fu provata la colpevolezza), ma i due bomber – in ragione della presunzione di colpevolezza che vige nella giustizia sportiva al contrario che nell’ordinamento giuridico civile – furono fatti oggetto di una lunga squalifica. L’Europeo per loro finiva prima di cominciare.

Per la squadra azzurra era una mazzata non da poco. Le speranze d’attacco di Bearzot riposavano a quel punto sulle spalle di Roberto Bettega, menomato da un infortunio sul finire del campionato, e di Francesco Graziani ed Alessandro Altobelli, con il morale non certo alle stelle dopo due anni di panchina seguiti all’esplosione di Pablito. Poteva anche bastare, ma le sette partecipanti all’Europeo non sarebbero venute in Italia a lasciare spazi agli azzurri.

A Torino la risolve Marco Tardelli.

Nel gruppo A, la Germania Ovest si prese la rivincita sulla Cecoslovacchia della finale del 1976, e poi negò per l’ennesima volta all’Olanda ormai orfana di Cruyff la rivincita sulla finale mondiale del 1974. Le bastò un pareggio con la Grecia a reti inviolate per staccare il biglietto per la finale del 22 giugno successivo all’Olimpico di Roma. Dietro di lei, la Cecoslovacchia si qualificò per la finalina per il terzo posto prevista al San Paolo di Napoli. Sarebbe stata l’ultima volta, a partire dalla successiva edizione del 1984 la finale di consolazione non sarebbe stata disputata più.

Nel gruppo B, i nodi di un attacco spuntato, di una condizione resa approssimativa da un campionato stressante conclusosi con la vittoria dell’Inter pochi giorni prima, di un morale profondamente scosso dalle vicende del Calcioscommesse (con la retrocessione di squadre di rango come Milan e Lazio decisa d’ufficio dalla F.I.G.C.), vennero al pettine come era prevedibile.

Nella prima partita giocata a San Siro, gli azzurri si fecero sorprendere da una Spagna che in quel momento non era la migliore Spagna di sempre, ma che tenne onore al suo soprannome di Furia Rossa prendendo d’infilata i padroni di casa e costringendoli allo 0-0. Nel frattempo il Belgio pareggiava con l’Inghilterra per 1-1. La seconda partita tra azzurri ed inglesi diventava determinante.

A Torino, l’Italia giocò un partitone, risolto da Marco Tardelli a pochi minuti dalla fine. La vittoria era prestigiosa, ma rischiava di essere inutile perché il Belgio nel frattempo aveva superato gli spagnoli per 2-1. L’Italia doveva giocarsi tutto nello scontro diretto. Che andò in scena all’Olimpico di Roma il 18 giugno.

Gli azzurri non giocarono neanche male, ma il Belgio fece catenaccio e picchiò come un fabbro. Antognoni fu ridotto a mal partito da Vandereycken, e per la già menomata formazione azzurra fu notte fonda. Lo 0-0 finale lasciava a Roma il Belgio per la finale, e spediva l’Italia a Napoli per la consolazione del terzo posto.

Horst Hrubesch segna il gol che vale per la Germania Ovest il secondo titolo europeo

Che non ci fu. La Cecoslovacchia non era più quella del 1976, ma era pur sempre una formazione ostica. Andò in vantaggio con Jurkemic e fu ripresa da Graziani. Ai calci di rigore, i cechi dimostrarono che la precisione di quattro anni prima non era venuta loro meno. Si andò avanti ad oltranza, finché Fulvio Collovati non sbagliò il nono tiro dal dischetto. L’Italia finì quarta l’Europeo che nelle sue intenzioni e nelle sue possibilità avrebbe dovuto vincere.

All’Olimpico, il 22 giugno fu il Belgio a sognare di prendersi la rivincita della semifinale di otto anni prima. Ma la Germania Ovest, anche se non era più brillante come ai tempi di Gerd Muller & c., era pur sempre una formazione solida. Fu il mastodontico centravanti Horst Hrubesch a darle i due gol che valevano il titolo europeo, il secondo della sua storia. Italia 80 finiva così, con un bis che non era quello sperato dai tifosi italiani, e che era premonitore di un tris che avrebbe avuto luogo dieci anni dopo, stesso stadio, stessa protagonista effettiva, stessa protagonista mancata.

Nella foto di copertina: La Germania Ovest campione d’Europa per la seconda volta nel 1980

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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