Vola via l’Aeroplanino, ma la Fiorentina non fa nulla per trattenerlo. Giugno del 2015 a Firenze è un mese caldo, arroventato ancor più dalle esternazioni di colui che ormai è da considerare l’ex allenatore viola. Quel «siamo questi» dichiarato all’indomani dell’eliminazione in Europa League e ribadito poi in tutte le circostanze in cui gli viene chiesto conto di una stagione neanche malvagia, conclusa con una semifinale europea e il terzo quarto posto consecutivo in campionato, è estremamente realistico e condivisibile, ma finisce per scontentare – anche per il modo ed il tono con cui è pronunciato, al limite dell’insofferenza – sia la società che i tifosi.
La Fiorentina è ormai altrettanto insofferente nei confronti del tecnico campano, e preferisce impegnarsi piuttosto per sottrarre al Basilea il suo allenatore, che ha appena vinto la Lega svizzera ed ha ancora (al pari di Montella) un anno di contratto.
Al nome di Paulo Sousa molti a Firenze in un primo tempo storcono la bocca: è un ex gobbo, dei tempi di Lippi. Ma poi qualcuno si ricorda che fu proprio il portoghese, da ex, a dare un dispiacere cocente ai gobbi guidando il Borussia Dortmund a sottrarre loro la Coppa dei Campioni del ’97, e tutto torna a posto. La determinazione con cui Sousa sceglie l’avventura a Firenze, preferendola alla difesa del titolo elvetico, fa il resto, aprendo subito una breccia nei cuori dei fiorentini.
Più difficile fare i conti con un altro addio traumatico, quello pronunciato – anzi lasciato intendere nei fatti – da Mohamed Salah che torna alla casa madre al Chelsea di Londra e che non dà segno alcuno di volersi ripresentare a Firenze, malgrado lo special one Mourinho abbia fatto altrettanto chiaramente intendere di non saper cosa farsene di lui.
L’egiziano è stata la sorpresa positiva e probabilmente la salvezza della stagione viola appena trascorsa. Ma di Firenze sembra averne avuto già abbastanza. Su di lui c’é la Roma, e Salah mostra di gradire. Firenze non è mai nei suoi pensieri e tantomeno nelle sue parole. Con la tifoseria giallorossa, invece, è tutto un mandarsi messaggi amorosi a distanza, nell’attesa che Abramovich si convinca.
Ci sarebbe la questione del contratto scaduto e della clausola che ne condiziona il rinnovo a tener vive le speranze fiorentine. A gennaio, quando la Fiorentina ha ceduto Cuadrado al club londinese rimpiazzandolo con Salah, per convincere l’egiziano – evidentemente perplesso – l’A.D. Mencucci ha dovuto concedergli il potere di veto sull’eventuale rinnovo a giugno. Il quale rinnovo costerebbe tra l’altro alle casse viola circa 18 milioni di euro.
La sensazione è che, come già per Montella, nessuno abbia voglia realmente di trattenere Salah, almeno nelle stanze della società. I tifosi ci restano male, quando l’egiziano firma con la Roma. La Fiorentina reagisce promettendo sfracelli legali (ricevendo in risposta gli sberleffi di Ramy Abbas, il procuratore), Sandro Mencucci passa ad occuparsi del neonato settore femminile viola. Sembrerebbe il capro espiatorio designato per la vicenda, in realtà la sorte – o la volontà dei suoi datori di lavoro – gli hanno fatto quello che ben presto si rivelerà un dono prezioso.
E’ una lunga estate quella del 2015, mentre la gente osserva l’oggetto misterioso Paulo Sousa. Che per la verità parte bene, mettendo i fila amichevoli prestigiose come quella con il Barcellona (2-1 con doppietta della promessa Bernardeschi) ed il Chelsea (1-0 di Gonzalo), anche se al momento di salire sull’aereo per Londra la società gli sfila dalla squadra Stevan Savic, colonna portante della difesa viola fino a quel momento. Il montenegrino va all’Atletico Madrid, e non viene per il momento sostituito adeguatamente, tra le perplessità dei tifosi.
Ma alla prima giornata del campionato che finalmente ricomincia il 23 agosto, quando Marcos Alonso mette al sette della porta del Milan (allenato dalla vecchia e in quel momento non troppo rimpianta conoscenza Sinisa Mihajlovic) il primo splendido gol stagionale su punizione, il Franchi torna a colorarsi di viola.
Comincia il campionato che non ti aspetti. Non se lo aspettano i tifosi, non se lo aspetta – e lo dimostrerà ampiamente – la dirigenza viola. Malgrado una sconfitta nella Torino granata alla seconda partita (imputabile alla scarsa tenuta fisica), la Fiorentina inanella poi risultati che alla sesta giornata la portano a San Siro a far visita all’Inter capolista essendo accreditata come la sua più diretta ed autorevole inseguitrice. E’ una notte da luci a San Siro, e sono tutte luci viola. Dopo poco più di 20 minuti i ragazzi di Sousa stanno 3-0, alla fine sarà 4-1, ma giusto perché la Fiorentina non infierisce. Inter raggiunta e annichilita.
Una settimana dopo, la vittoria casalinga sull’Atalanta lascia i viola in testa in solitaria. Non succedeva dal 1998, un secolo prima. Erano gli anni di Trapattoni, Batistuta, Edmundo. Tra allora e adesso era successo nel frattempo di tutto, cambiato il mondo, ingrigiti e sbiaditi i ricordi come a rivedere dopo tanto tempo un vecchio filmato da cineteca. Qualcuno addirittura va più indietro, all’82. Ogni 16-17 anni la Fiorentina si affaccia lassù. Dove, disse Trapattoni (ma ce ne siamo accorti a nostre spese) «fa un gran freddo, e bisogna essere coperti bene per resistere».
La fantasia dei tifosi vola, quella della società un po’ meno. La Fiorentina è tutt’altro che coperta, anzi ha gli uomini contati. A Napoli, se la caverebbe anche bene grazie ad una prodezza del neo-acquisto Kalinic, ma Ilicic, si mette a scherzare con Higuain e gli va male. L’occasione di andare in fuga sfuma non appena si è presentata. Una settimana dopo, la vendetta di Salah gela il Franchi. L’egiziano e l’ivoriano Gervinho approfittano di lacune e sbavature viola, la Roma vince. Da provinciale, ma vince. Sul modulo e sulle tattiche di Sousa cominciano le prime perplessità.
A Novembre, tuttavia, è ancora grande Fiorentina. Provinciali liquidate senza pietà, e poi, a Marassi, Sampdoria schiantata con un’altra prestazione impressionante, come a San Siro. Sembra di veder giocare una squadra olandese dei tempi d’oro. Siamo sempre lì, nel gruppetto che se la gioca per il primo posto. Siamo anche ai sedicesimi di Europa League, malgrado un paio di figuracce casalinghe con il Basilea (al quale non pare vero di vendicare lo sgarbo viola della sottrazione dell’allenatore) ed il Lech Poznan.
Il sogno comincia ad incrinarsi, a scricchiolare dopo una sosta per la Nazionale. L’Empoli arriva al Franchi per nulla disposto a fare la vittima sacrificale, e per poco non fa il colpaccio. Tatticamente, la Fiorentina di Sousa assomiglia ad uno splendido pollaio in cui piccole e grandi volpi affondano a piacimento le zanne, e quando la condizione non è al meglio la panchina corta emerge in tutta la sua frustrante, drammatica realtà.
Qualcuno, mentre l’anno solare si conclude con un secondo posto ad un punto dall’Inter (malgrado un’altra sconfitta, maturata in casa Juventus più per disattenzione che per superiorità dei campioni d’Italia), tira un sospiro di sollievo, consapevole che a giorni si aprirà il mercato di gennaio. Nessuno sa ancora che quel mese di gennaio 2016 che sta arrivando resterà nella leggenda nera viola al pari del febbraio 1999. Stavolta non saranno il Carnevale di Rio e la testa matta di Edmundo a tarpare le ali viola. Sarà il portafoglio vuoto con cui viene mandato in giro il diesse Pradé a far morire sogni più o meno grandi.
Lascia un commento