Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 49. Il Fado triste di Paulo Sousa

Nella foto, da una promessa all’altra: da Federico I a Federico II

La trattativa per la promessa argentina Emanuel Mammana, uno dei tanti talenti sbocciati sulle rive del Rio de la Plata che qualcuno si affretta a dipingere come il nuovo Passarella, finisce in farsa. Gli emissari viola sono già con la penna in mano, ma da Firenze vengono sconfessati da Mario Cognigni che si dichiara disposto a sborsare niente più che pochi spiccioli. Al posto dell’argentino in compenso arrivano personaggi come Tino Costa, Cristian Tello, Panagiotis Kone e l’ectoplasma Yohan Benalouane, convalescente accantonato dal Leicester che si appresta a sorprendere l’Inghilterra e il mondo.

La figuraccia argentina della Fiorentina è cocente, ma passa in secondo piano mentre si consuma la sua discesa verso quel quinto posto finale che voci societarie ed echi dalla tifoseria più rassegnata e addomesticata dipingono sussiegosi come «la nostra dimensione». In realtà, quella sessione sciagurata del mercato di riparazione segna uno spartiacque epocale nella storia della A.C.F. Fiorentina. Il feeling della città con i Della Valle ne esce compromesso in maniera difficilmente reparabile.

Nel girone di ritorno, Paulo Sousa (che ai primi di febbraio Radio Spogliatoio e Radio Tifo davano concordi per incavolatissimo e dimissionario, dimissioni peraltro prontamente respinte) sembra mettersi a fare dispetti alla sua stessa società. Le sostituzioni e le scelte tecnico-tattiche lasciano sempre più perplessi. Il nuovo messia, colui che ad agosto in amichevole aveva messo sotto squadre come il Barcellona ed il Chelsea dell’amico e connazionale Mourinho, lentamente ma inesorabilmente regredisce nella considerazione dei tifosi al pari di quanto la sua squadra regredisce in classifica. «Emozionale», è sempre stato l’aggettivo con cui il mister portoghese ha definito il suo calcio. Ma le emozioni, nella primavera del 2016 non abitano più a Firenze.

La Coppa Italia è finita subito in casa con il Carpi, che non ci batteva dal fatidico 1926. In Europa League i viola concedono la rivincita al Tottenham, che se la prende con gli interessi. Il campionato disamora i tifosi, tra la pesante sconfitta di Roma (con i tifosi giallorossi che fanno inquadrare alle telecamere il cartello beffardo: ve saluta Salah) e quella altrettanto pesante in casa con la Juve. Come già nel 99 – ma senza l’attenuante stavolta dell’infortunio di un Batistuta o della fuga di un Edmundo, solo semmai quella del braccio corto dei padroni – il campionato della grande speranza finisce malamente. Quinti dietro all’Inter, l’unica grande tra l’altro da noi battuta, e per ben due volte.

Un’altra estate, un’altra sessione di calciomercato passata nel Deserto dei Tartari, ad aspettare quello che non arriva mai. La botta di vita è la conferma del prestito di Cristian Tello dal Barcellona, nella speranza che un giorno possa ricordare almeno alla lontana quel Joaquin tornato da tempo al Betis Siviglia. La botta alle speranze dei tifosi è la cessione al Chelsea (crocevia da tempo del nostro scontento) di Marcos Alonso, uno dei pochi pezzi pregiati rimasti. Cessione che, secondo tradizioni ormai consolidate, avviene il 28 di agosto, quando di trovargli un sostituto non è neanche più pensabile.

Il campionato 2016-17 della Fiorentina, che comincia con un’altra beffa di Higuain ai nostri danni (stavolta sotto i colori bianconeri) sarebbe tutto sommato abbastanza simile a quello incolore dell’anno di Mihajlovic, se non fosse che un Paulo Sousa ormai in rottura psicologica prolungata fa di tutto per movimentarlo a modo suo. Emblema di questa situazione paradossale diventa Federico Bernardeschi, talento emerso nella seconda parte della stagione precedente e che è sembrato potersi caricare sulle spalle una squadra in cui i veterani come Borja Valero e Gonzalo Rodriguez cominciano a mostrare anni e fatica.

Lo splendido gol di Bernardeschi su punizione al Borussia Park di Moenchengladbach

Il numero 10 carrarino viene sostituito dal mister portoghese più di venti volte in campionato, e perfino nella decisiva sfida di Europa League in casa con il Borussia Moenchengladbach. Dopo aver vinto da solo la gara d’andata in Germania, Bernardeschi viene tolto di gara nel momento in cui la Fiorentina cede di schianto alla rimonta degli avversari, al Franchi. Non avrebbe forse potuto fare più di tanto, ma il labiale al momento della sostituzione la dice lunga sulle condizioni della Fiorentina agli sgoccioli dell’esperienza Sousa. Quando arriva la proposta della Juventus, a trattenere a Firenze il numero 10 c’é rimasto veramente poco o niente.

Mancata la vendetta della notte di Jenny ‘a carogna in Coppa Italia a Napoli, alla Fiorentina non restano che uno sciapo ottavo posto, il disamore sempre più crescente per una società in evidente disimpegno (le voci di vendita da parte dei Della Valle si rincorrono sempre più frequenti in città), la preoccupazione per un futuro sempre meno decifrabile.

Il fatto è che, vero o presunto, è finito un altro progetto. Quello cominciato con la pioggia di campioni arrivati alla spicciolata a Moena nel 2012 e finito con la vendita di Bernardeschi alla Juve, di Borja Valero e Vecino all’Inter, di Kalinic al Milan, di Ilicic all’Atalanta. Via anche Gonzalo, perfino Tomovic se ne va al Chievo, dopo le ultime problematiche prestazioni al centro di una difesa che semplicemente non esiste più.

Il Corvo, a volte ritornano

Dall’estate precedente, alla direzione sportiva della Fiorentina non c’é più Daniele Pradé, mandato via senza tanti complimenti e nessun ringraziamento dopo che da tempo il suo partner Eduardo Macia aveva chiesto ed ottenuto il rimpatrio in Spagna, ma è tornato Pantaleo Corvino, a cui pare che Andrea Della Valle abbia rivolto un accorato appello: «torna, questa è casa tua!»

Il Corvo torna, ma con il mandato di vendere i campioni, non più di andare a scovarli come una volta. Al loro posto, arriva una banda di ragazzotti che solo nell’immaginario più sfrenato del tifoso più aziendalista possono rappresentare l’avvio di un nuovo ciclo, la base di un’altra Fiorentina ye ye di quelle che una volta finivano per farci sognare e a volte anche gioire. Il solo Federico Chiesa, talento emerso nella stagione precedente, sembra in grado di far volare la tifoseria, anche se a molti sembra più giusto definirlo la prossima plusvalenza.

Nemmeno Stefano Pioli, il nuovo mister arrivato in panchina, riesce ad eccitare la fantasia fiorentina più di tanto, con le sue scelte che a tratti sembrano cervellotiche al pari di quelle del predecessore. E malgrado si presenti come un vecchio cuore viola di ritorno.

Il fatto è che nell’anno di grazia 2017 il cuore a Firenze, calcisticamente parlando, non c’é più. Ci provano ormai soltanto una banda di ragazze con entusiasmo pari alla classe, loro sì, a farlo battere ancora. Ma questa è un’altra storia.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento