L’estate del 2018 per la Fiorentina è cortissima. Comincia il 20 luglio, data della sentenza definitiva del Tas di Losanna che riammette il Milan in Europa League e lascia fuori una società gigliata che aveva fatto mostra di crederci ma sotto sotto aveva sperato di non esserci.E finisce il 18 agosto, data in cui una sempre più delirante Federazione Italiana Gioco Calcio ha stabilito che cada la prima giornata del calendario della nuova stagione.
O meglio, cadrebbe. Succede invece che la Fiorentina debba fare il suo esordio a Marassi contro la Sampdoria. Ma il 14 agosto nel capoluogo ligure è venuto giù il Ponte Morandi. La domenica successiva Genova è in pieno marasma, come avrebbe detto uno dei genovesi più celebri. La Samp chiede il rinvio, non saprebbe nemmeno come fare a raggiungere lo stadio, con la viabilità compromessa com’é. La Fiorentina accetta e rinvia il proprio battesimo stagionale al turno successivo, quello casalingo contro il Chievo.
E’ stata un’estate strana quella viola. Al di là della contingenza Milan, gestita male dagli organismi federali europei e partecipata peggio dalla società A.C.F. Fiorentina, la campagna acquisti del diesse Corvino è stata surreale. Ferma fino a quasi tutto luglio, in attesa di sapere se si giocherà anche il giovedi o solo la domenica, quando si decide a partire lascia più che perplessi. La scommessa in sostanza è quella di ripetere la stagione precedente senza più lo shock emotivo della tragedia di Davide Astori a fare da propellente.
Viene riscattato German Pezzella dal Betis Siviglia, e questa è l’unica buona notizia, perché al centrale argentino tocca raccogliere la difficile eredità di DA13, il quale a sua volta si era ritrovata sulle spalle quella del mai abbastanza rimpianto Gonzalo Rodriguez. Per il resto, partito Milan Badelj per Roma, sponda laziale, la scommessa del centrocampo si basa tutta sul prestito di Gerson dalla Roma (con il brasiliano che francamente fino a quel momento è parso condividere piuttosto indegnamente il nickname con il connazionale campione del mondo di Mexico 70). E quella dell’attacco si basa sul croato Pjaca, oggetto misterioso (e sempre infortunato) che la Juventus vorrebbe parcheggiare fuori Torino e la cui insistita trattativa per portarlo in viola fa subodorare un nuovo inciucio per portare l’ultimo gioiello viola, Federico Chiesa, in bianconero. Completano il mazzo ragazzotti di belle plusvalenze e chissà se anche speranze come Edimilson, Mirallas, Noorgard ed il portiere Alban Lafont, diciannovenne promessa transalpina che viene preferita al più navigato e temprato Marco Sportiello, l’ultimo che ha visto vivo Davide Astori in quella notte fatale di Udine.
La squadra è quella dell’anno prima, insomma, anche se il morale è molto diverso. L’esordio pirotecnico contro il Chievo (6-1) illude, e dovrebbe servire soltanto a pronosticare la squadra veronese come sicura retrocessa, anziché la Fiorentina come sicura protagonista. Pjaca è un oggettino fragile ed evanescente, Gerson è uno che nelle giornate migliori dribbla soprattutto se stesso. La squadra si regge sulle sgroppate di Jordan Veretout e sulle folate offensive di Chiesa jr., il quale a sua volta ha un bel da fare a coinvolgere nelle trame offensive il cholito Simeone, al quale è sfumato l’effetto sorpresa ed è ritornato quello di Genova e anche qualcosa in meno.
Il girone d’andata fila via in modo piuttosto regolare, tra risultati altalenanti e valori costanti. La squadra ne segna tanti e ne prende altrettanti, Pioli sembra stentare a trovare una quadra che non c’é al cerchio di una Fiorentina rubricata come la squadra più giovane della serie A, a cui ancora i tifosi perdonano molto, se non tutto. Per esempio, uno 0 – 3 casalingo contro la Juventus che in altri momenti avrebbe valso un campionato, nel senso di comprometterlo negativamente.
Il mister di Parma non sembra il ritratto dell’entusiasmo in quell’autunno in cui la Fiorentina colleziona 26 punti e un decimo posto che sembra corrispondere peraltro al valore reale del team. Stefano Pioli fa il suo dovere, ma si vede che l’anima è oppressa e lo spirito sempre più affranto. Dopo il suo flop sulal panchina dell’Inter, si profila per lui sempre di più una probabile delusione fiorentina, ed una complicazione della sua carriera al ribasso. La tifoseria si spacca in due, e la metà che contesta gli si rivolge contro, così’ come si rivolge contro Pantaleo Corvino. Tutto, pur di non mettere in discussione ancora l’unico nome – anzi cognome – che conta: quello dei Della Valle.
Il 22 dicembre la Fiorentina sbanca la San Siro rossonera con un gol di Chiesa. Il risultato è di quelli che danno soddisfazione, vista l’estate che i due club hanno passato e fatto passare ai rispetivi tifosi. In realtà, si tratta di un risultato abbastanza bugiardo, un fuoco di paglia. Si incarica di chiarirlo il Parma, che la domenica successiva viene a sua volta a sbancare il Franchi, prima che l’anno si chiuda con un inguardabile 0-0 contro il Genoa.
E’ una bella spesso senz’anima la squadra viola, o perlomeno una che l’anima la trova di rado. Il 2019 lo comincia con il botto, andando ad espugnare lo Stadio Olimpico Grande Torino, già Filadelfia, sorprendendo una squadra granata sulal carta nettamente superiore. Poi comincia la regola del tre, tre ne piglio e tre ne faccio (non sempre). C’é tempo perfino per un giorno da Guinness dei Primati a Ferrara, dove la Spal conosce nel giro di un minuto l’inferno e il paradiso, e la Fiorentina stabilisce un record europeo e forse mondiale. Minuto 73’, Chiesa si invola in area bevendosi la difesa ferrarese. Quando ormai è davanti a Viviano, il talento viola va giù. L’arbitro Pairetto non batte ciglio, l’azione prosegue fino al rovesciamento di fronte al termine del quale il biancazzurro Valoti beffa Lafont insaccando il 2-1 che potrebbe condannare la Fiorentina ad una nuova sconfitta.
Sono passati 34 secondi dal possibile fallo su Chiesa. Mentre Valoti e tutto lo stadio Mazza esultano (con i 1.500 tifosi giunti da Firenze ammutoliti), Pairetto riceve la segnalazione del Var: c’é qualcosa che non va. Passa un altro minuto e mezzo, fino a che l’arbitro stesso si reca al Var a controllare cosa succede. Le immagini, a quanto sembra parlano chiaro: il piede di Felipe impatta quello di Chiesa, rigore netto. Passa un altro minuto, quando Veretout va sul dischetto del rigore per battere la massima punizione assegnata dall’arbitro, con conseguente annullamento del gol della Spal a termini di regolamento. E’ il 77’, e ne mancano 13 alla fine, Veretout trasforma e tocca a Firenze adesso gioire, mentre Ferrara affonda nello sconforto e si rinfocolano vecchie polemiche a proposito di un Chiesa cascatore.
Nessuno se lo può immaginare, ma in sostanza il campionato della Fiorentina finisce lì. Segue una mesata di risultati scialbi, dalla partita con la Lazio in cui il mister Pioli per la prima volta si mostra poco aziendalista e critica apertamente squadra e società, alla sconfitta interna con la quasi retrocessa Frosinone che gli costa il posto. E’ una separazione che si prepara da tempo, e che il pubblico fiorentino avalla, avendo da tempo easurito i bonus per l’allenatore.
Al posto di Pioli, incredibilmente si ripresenta Vincenzo Montella, il meno probabile dei cavalli di ritorno almeno a giudicare dall’usciata che aveva tirato andando via tre anni prima. Ma il tempo – dice – è galantuomo, e inoltre l’Aeroplanino dopo Firenze non ne ha più indovinata una, i Della Valle dopo averlo lasciato andare via anche meno.
Il finale di stagione fa giustizia di tante cose. Il vituperato Pioli ha messo in cascina i punti che servono al salvatore della patria Montella per salvare capra e cavoli, malgrado le sei sconfitte e due pareggi infilati nelle restanti otto giornate. A cui si aggiungono le due semifinali di Coppa Italia in cui la Fiorentina riesce a far fare all’Atalanta la figura del Real Madrid. Nel turno precedente, una squadra viola in serata di grazia ha inflitto alla Roma un 7-1 epocale, ma non è stata vera gloria. I giallorossi stanno appena un po’ meno peggio di noi, che non stiamo bene per niente e lo dimostriamo nelle ultime giornate.
La Fiorentina si salva grazie all’Inter che all’ultima giornata impedisce all’Empoli di portare a compimento una rimonta miracolo. Eroe degli azzurri è quel portiere Dragowski che Corvino ha tesserato da anni, salvo poi relegarlo sistematicamente in panchina per motivi che poco hanno di tecnico e molto avente a che fare con le dinamiche tra procuratori.
All’ultima giornata, il 26 maggio 2019, va in scena allo stadio Franchi una riedizione – in tono se possibile assai meno epico e molto più farsesco – di quel Fiorentina – Genoa drammatico del 1978 che aveva determinato la salvezza dei viola e la retrocessione dei rossoblu. Ironia della sorte vuole sulle due panchine del Franchi Vincenzo Montella e Cesare Prandelli, come a dire: sic transit gloria mundi. Come sembrano lontani i giorni di gloria degli ultimi due progetti della famiglia Della Valle in quel di Firenze…… Finisce comne allora 0-0, e stavolta basta a tutte e due. Salve e fischiate, escono a braccetto dal terreno di gioco e da una stagione da dimenticare.
Ma la giornata decisiva, a Firenze, è andata in scena il giorno prima. Dopo che un Diego Della Valle stizzito come non mai ha rilasciato alla Gazzetta dello Sport una intervista in cui si scaglia contro Firenze e i fiorentini come nemmeno Dante dopo l’esilio a Ravenna o i senesi prima e dopo Montaperti, i tifosi lo ricambiano con un flash mob presso il Tod’s Store di Via Tornabuoni. Stavolta nessuno, né allenatori né direttori sportivi né presidenti onorari e prestanome fanno da filtro alla rabbia del popolo viola. Il salvatore della patria del 2002 è il reietto del 2019, e Firenze lo sentenzia a chiare note per bocca dei più dotati dal punto di vista canoro dei suoi figli. I giornali di tutto il mondo registrano la dèbacle di immagine del gruppo Della Valle.
La sensazione è che siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Alle porte coi sassi, come si dice a Firenze. La sensazione è che qualcosa stia finalmente per succedere. Da giorni in città si fa vedere mr. Joe Barone, emissario di una holding italo-americana interessata a sbarcare nel calcio italiano. Rocco Commisso è un emigrato calabrese che da cinquant’anni ha scalato la borsa di New York costruendosi una posizione invidiabile. Da principio tra la perplessità consueta dei fiorentini, poi nel volger di pochi giorni con sempre maggiore entusiasmo ed aspettativa, il proprietario di Mediacom e dei Cosmos di New York porta avanti la sua offerta.
Non è la prima, storicamente, ed i Della Valle hanno sempre risposto di no, più o meno sdegnati. Stavolta però appaiono stanchi e provati come non mai. E Rocco Commisso con il suo sorriso ed il suo idioma italiano da emigrante comincia a fare proseliti. Tra la fine di maggio ed i primi giorni di giugno Firenze trattiene il fiato.
La Fiorentina è di nuovo ad un bivio. E l’estate che sta arrivando non sarà una qualsiasi. Non lo sono mai state, nella nostra città. Ma stavolta il mondo pare di nuovo sul punto di cambiare radicalmente.
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