Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 54. Commossi per Commisso

La fine del campionato 2018-19 si è svolta in un clima da resa dei conti. Da quando Vincenzo Montella ha sostituito Stefano Pioli sulla panchina della Fiorentina, questa ha collezionato appena un punto in campionato, oltre a subire una lezione di calcio dall’Atalanta nella semifinale di Coppa Italia. Il tifo, organizzato e non, ha retto finché è stato vivo il miraggio di vincere finalmente qualcosa. Al ritorno da Bergamo (stavolta un ritorno assai mesto, a differenza di quello del 1996), niente più trattiene o stempera il malcontento di una città che ha smesso ormai da tempo di credere ai sogni, e che in compenso si vede di nuovo associata – potenzialmente – a quella seconda lettera dell’alfabeto che indica retrocessione e declassamento.

La serie B è qualcosa più di una ipotesi, e la gente guarda con apprensione la rimonta prodigiosa dei cugini dell’Empoli, a cui contribuisce la stessa Fiorentina con un derby dell’Arno perso in maniera ignominiosa. Montella appare sconsolato e senza risorse. Il tecnico che aveva fatto giocare la Fiorentina come una Grande di Spagna, adesso sembra un pesce fuor d’acqua, o quantomeno ributtato in un’acqua che non è più la sua. Mentre scorrono le ultime giornate senza che si aggiungano punti alla classifica, molti ricordano con inquietudine le parole con cui Stefano Pioli ha chiuso la sua esperienza fiorentina, e sono sempre meno quelli che se la sentono di attribuirgli qualche responsabilità. La crisi viola viene da lontano, da prima della tragedia di Astori, e adesso che il suo impatto emotivo si è attenuato può dispiegarsi in tutta la sua drammaticità.

Andrea e Diego Della Valle

La situazione è delicatissima, e andrebbe presa e gestita con le molle. Ma Diego Della Valle è uno che con le molle si è sempre trovato in difficoltà. Un paio di settimane prima dell’ultimo atto, che si profila dall’esito incerto e comunque non destinato a cuori deboli, il patron che ormai si fa vivo soltanto per le disgrazie o in occasioni di rappresentanza se ne esce con una pubblica intervista in cui attacca in modo durissimo Firenze ed i fiorentini. Ingrati e cazzari, si accorgeranno a cosa vanno incontro un minuto dopo la fine dell’ultima partita di campionato, è la sintesi del suo discorso. E’ un anatema, una minaccia insita nelle cose, visto che siamo ad un passo dalla retrocessione, oppure si riferisce alla vendetta che il patron metterà in atto comunque vada a finire il torneo?

L’ultima volta che Della Valle ha minacciato Firenze era il 2005, e i tifosi avevano accompagnato un Fiorentina – Juventus con i consueti scambi di effusioni con la controparte che fino a quell’epoca erano consuetudine da queste parti. Il patron, sdegnato, aveva stigmatizzato la provincialità di quell’atteggiamento e minacciato il disimpegno della famiglia dalla città e dalla squadra. A quell’epoca, Firenze stava a sentire Diego, ritenendolo il suo salvatore. 14 anni dopo, quando ormai si è rassegnata ad attendere il salvatore successivo, la sua reazione è di rabbia e disprezzo, condivisi da tutti e non più mitigati da niente.

Il 25 maggio 2019, la centralissima ed elegantissima Via Tornabuoni diventa teatro di una manifestazione pubblica cittadina. Un gigantesco flash mob di contestazione davanti alle vetrine del Tod’s Store. Lo spot per i Della Valle con il brand fiorentino in sottofondo stavolta si ritorce loro contro, come un boomerang clamoroso. Tutte le televisioni e i giornali del mondo accorrono nel salotto buono di Firenze, ma stavolta quello che raccontano non è pubblicità positiva per il gruppo marchigiano. I Della Valle hanno un problema serio, scrivono e spiegano tutti. Firenze non li vuole più.

Non ci sono più le divisioni ormai annose tra leccavalle e rosiconi. La tifoseria si ricompatta, e il giorno dopo va al Franchi a soffrire per gli ultimi drammatici e maledetti 90 minuti, in attesa anche di quel minuto dopo e dei conti da regolare in sospeso ormai da troppo tempo. Caso vuole che vada in scena quel giorno la riedizione di quel Fiorentina – Genoa che aveva deciso il campionato 1977-78, uno dei più drammatici della storia viola.

Ma è una riedizione per fortuna in chiave farsesca. Niente a che vedere con quell’aria pesante, mortifera, quella cappa di piombo che allora avevano preceduto il gol di Scanziani e la salvezza viola ai danni del dirimpettaio Genoa di Roberto Pruzzo. Stavolta l’Inter proprio non riesce a stare al di sotto dei suoi standards e a consentire all’Empoli di completare a San Siro la sua rimonta. E pur meritandosi per la terza volta (dopo il ’71 ed il ’78) formalmente i ringraziamenti viola, stavolta fa il suo senza patemi per sé e per altri, e consente a Fiorentina e Genoa di uscire dal campo a braccetto, mesti e avviliti ma salvi. I due mister di giornata, Vincenzo Montella e Cesare Prandelli, hanno visto giorni migliori, e li hanno visti proprio qui, su questo prato che adesso lasciano tra fischi per la verità neanche indirizzati a loro due.

Il minuto dopo è arrivato, Firenze comincia ad aspettarsi qualcosa. Un altro campionato così, un proseguimento di una gestione ormai vuota, scialba, senza obbiettivi, progetti, sogni e tutto ciò che spinge la gente a comprare il biglietto dello stadio, non è neanche pensabile.

C’è curiosità per quel Joe Barone che è stato presente in tribuna al Franchi nelle due ultime gare casalinghe dei viola. Dice che è un emissario di un magnate americano. Un italo – americano, per la verità, che sembra sia molto interessato ad acquistare la Fiorentina. Rocco Commisso è un ex ragazzo di Calabria, partito giovanissimo per l’America dove poi ha fatto fortuna. Adesso è lo Zio d’America che Firenze aspetta da tempo, dopo gli sceicchi e le multinazionali su cui e con cui ha fantasticato ogni volta che le cose con i Della Valle si mettevano male. Commisso ha già provato ad acquistare, tra le altre, Milan e Roma, e non gli è andata bene. Stavolta, a differenza di quello che succedeva in passato, non gli viene detto subito si, ma neanche no.

Stavolta – udite, udite! -, i Della Valle trattano. Sembrano stanchi loro stessi per primi, e non più in grado di rilanciare come dopo Calciopoli e la fine del ciclo prandelliano. La notizia bomba è che c’è un appuntamento fissato a Milano nella sede della Tod’s per definire la cessione della Fiorentina. L’appuntamento è per il 6 giugno, il che vuol dire che tra la prima comparsa in città di Barone e l’arrivo di Commisso per la firma sono passate si e no tre settimane.

Per la terza o quarta volta la Fiorentina passa di mano dopo una trattativa lampo? Per la terza o quarta volta Firenze fa finta di crederci, tanto quello che conta è la sostanza. Il 6 giugno 2019 diventa per la nostra città il D – Day. Anzi, il C – Day. Qualcuno propone quella data in alternativa a quella, storica, della Liberazione. In un attimo, 17 anni di storia viola sono accantonati, dimenticati. I vecchi patron che sembravano destinati a durare più della più lunga proprietà della storia fiorentina, quella del fondatore Ridolfi dal cui record restano lontani (19 anni contro 17 scarsi), sono immediatamente surclassati dal nuovo, che si fa subito il giro di campo trionfale al Franchi tra moltitudini di folla festante.

Per i signori che lasciano, come accadeva nel Medioevo, ci sono l’oblio e l’esilio, senza una lacrima versata o una parola di rimpianto. Per il nuovo, c’è subito un entusiasmo sfrenato, senza remore, e nessuno ricorda o vuole ricordare che è lo stesso entusiasmo che una volta aveva accolto chi adesso lascia la città in silenzio, senza più sostenitori, senza nemmeno un saluto, per non parlar di un grazie di tutto.

Il sindaco Nardella offre subito le chiavi al nuovo proprietario, che appena è arrivato ha già dato prova di aver capito tutto. Il primo atto della sua gestione è la conferma di Giancarlo Antognoni, la vecchia bandiera mai ammainata. Al suo fianco si vocifera dell’intenzione di ingaggiare un’altra bandiera, Gabriel Omar Batistuta. Gli altri, tutti gli uomini dei Della Valle, sono accantonati senza se e senza ma. Di Cognigni si perdono le tracce nello spazio di una notte. Corvino lascia il suo ufficio dopo un incontro con Barone che tutti definiscono uno scontro, soprattutto chi ha potuto sentirne gli effetti sonori. Niente buona uscita per l’ex diesse, al cui posto viene richiamato in servizio quel Daniele Pradé che la piazza non ha dimenticato e che associa all’ultimo periodo felice, all’ultima squadra forte messa in campo dalla Fiorentina. Allo stesso modo viene confermato Vincenzo Montella, con tanto di cerimonia hollywoodiana. Il patron ed il mister si mettono d’accordo in quel di New York, all’ombra della Torre del Nasdaq che Commisso ha fatto tingere di viola per l’occasione. Abbiamo sognato una Fiorentina da spettacolo per tanto tempo, sembra proprio che ci siamo, almeno a giudicare dalle apparenze.

A Firenze, tutto il potere a Joe Barone, mentre la nuova società pare voler tagliare qualsiasi trait d’union con la vecchia. Sandro Mencucci, per 17 anni amministratore e conoscitore di vita, morte e miracoli della Fiorentina dellavalliana, nonché negli ultimi anni presidente e manager dell’unica Fiorentina che abbia vinto qualcosa, quella femminile, non viene neanche ricevuto dal nuovo padrone per un caffé. Si riparte da zero. Anche se poi sarà più facile dirlo che farlo.

Quando il 1° luglio entra in carica Pradé e può finalmente rivolgersi alla stampa, il quadro che dipinge non è rassicurante. La Fiorentina post-Corvino ha sotto contratto qualcosa come 75 giocatori, una quindicina in più di un colosso come la Juventus, che gli addetti ai lavori giudicano economicamente sovraesposta. Prima di qualsiasi discorso di rafforzamento, c’è da liberarsi di questa zavorra (compresi molti titolari dell’ultima stagione). Stavolta più che di un pulmino si tratta di una SITA. Fino a metà agosto, dice il nuovo diesse, non aspettatevi grosse cose.

Ma Commisso sa, o deve sapere se ha studiato la precedente gestione e ne ha tratto insegnamento, che i sogni più di tanto non si possono contenere nei libri contabili. I sogni che lui ha scatenato arrivando a Firenze, tra l’altro, sono sfrenati. Per un po’ di tempo la gente gli perdonerà qualsiasi cosa, soltanto per il fatto di esser tornata a farli grazie a lui, quei sogni.

Poi verrà il tempo in cui sognare non basterà più. Firenze accoglie ed esilia signorie dai tempi in cui fu costruito il Battistero. Se non lo sa, Commisso è bene che lo impari presto. La metà di agosto intanto è arrivata. E’ già Coppa Italia, è già una nuova stagione. Sullo stadio di nuovo garrisce al vento il labaro viola. D’ora in poi si fa sul serio. E la Fiorentina è la cosa più seria che Firenze abbia.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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