Rispetto al Cavern di Liverpool, il Marquee Club di Soho, Londra, aveva aperto con un anno di ritardo, ma si era messo subito in pari. Al n. 165 di Oxford Street cominciarono da subito, fine anni cinquanta, ad esibirsi le migliori promesse della nouvelle vague musicale di allora, il rock, e chiunque in definitiva sapesse strimpellare appena decentemente accordi su una chitarra elettrica.
Il 7 agosto del 1960 al Cavern di Liverpool aveva fatto il suo esordio un certo John Lennon ed il suo gruppo locale, i Quarrymen. Un anno dopo, ribattezzatisi Beatles, quei quattro ragazzi già suonavano per il mondo intero e per la leggenda.
Il 12 luglio 1962 fu la volta del Marquee ad aprire le porte ad una scommessa che avrebbe dato il via ad una leggenda altrettanto grande, solo decisamente più longeva. Sul palco salirono – per caso, dovendo sostituire un altro gruppo di cui nessuno ricorda più il nome – un gruppetto di ragazzi che si erano dati un nome ispirandosi alla canzone Rollin’ Stone di Muddy Waters, il padre del blues di Chicago, nientemeno. Non avevano un vero e proprio leader, come i Beatles con Lennon, ma tra di loro in quei primi tempi tendevano a riconoscere una posizione di primus inter pares al chitarrista Brian Jones. Gli altri erano Mick Jagger, Keith Richards, Charlie Watts e, in quella prima fase, Ian Stewart, Dick Taylor e Mick Avory.
Nomi destinati a qualcosa di più della leggenda, al pari di quelli dell’altro gruppo in contrapposizione al quale gli addetti ai lavori (come ad esempio la loro omonima rivista musicale) li posero subito. I Beatles si mostravano come i ragazzi per bene, pettinati (per quanto possibile all’epoca) e con la cravatta, ed erano destinati a diventare addirittura baronetti. I Rolling Stones erano e sarebbero rimasti trasgressivi, impresentabili, incontenibili, brutti sporchi e cattivi, e nessuno avrebbe conferito mai loro alcun titolo nobiliare. La faccia buona e quella dannata dell’Inghilterra che negli anni sessanta riassumeva tutto in sé ed era l’isola felice della musica e di tutto quanto faceva cultura pop, giovanile.
In realtà, i quattro ragazzi di Liverpool ed i cinque, sei, sette ragazzi di Londra si sentivano tutt’altro che in contrapposizione. Erano amici tra loro, ed il tempo ed il progredire degli anni della contestazione avrebbero allungato barbe e capelli a tutti loro e avvicinato sonorità e linguaggi. I Beatles avrebbero perso il loro affiatamento e ben presto anche la loro unità, e per finire la stessa esistenza di uno dei loro ex membri, John Lennon. I Rolling Stones sarebbero stati più precoci in questo. Il primo pezzo lo persero nel 1969, quando Brian Jones non sopravvisse ad una overdose. Venne sostituito nella formazione storica da Mick Taylor (da non confondere con la meteora Dick), che a sua volta venne poi sostituito da Ron Wood.
La storia dei Beatles finisce con lo scioglimento del 1970, anche se come ebbe a dire George Harrison quello che è stato è stato e non potrà mai finire. Ma ormai erano quattro entità indipendenti, e sappiamo che non ci sarebbero comunque state mai riunioni del gruppo, anche se Mark Chapman non le avesse rese impossibili aspettando John Lennon sull’ingresso del Dakota Hotel di New York l’8 dicembre 1980.
La storia dei Rolling Stones ormai rasenta l’immortalità. Sopravvissuti a qualche crisi periodica, sono ancora vivi, sono ancora insieme, ed i padri fondatori Jagger, Richards e Watts (ma mettiamoci anche Bill Wyman) lo sono ormai da cinquantasette anni. Alzi la mano chi non si aspetta di andare a vederli suonare da qualche parte in Europa anche nella prossima estate, o magari di vedere Keith Richards nei panni del padre di Jonny Depp/Jack Sparrow nel prossimo capitolo della saga dei pirati più rock della storia del cinema.
Qualcuno ha detto scherzosamente che i Rolling possiedono l’elisir di lunga vita, e qualcun altro altrettanto scherzosamente lo ha individuato in quelle sostanze che dai tempi della loro gioventu sono state ritenute responsabili di tanti danni causati alle generazioni loro coetanee o comunque succedutesi dopo quel loro esordio al Marquee del luglio ‘62. Generazioni che in ogni caso conoscono tutte alla perfezione tutti i brani dei Rolling Stones.
Di certo settantenni così ne conosciamo veramente pochi, a prescindere che siano in grado o meno di saltare come un grillo o come fa ancora Mick Jagger. Abbiamo scelto per celebrarli un brano in particolare nella miriade che hanno consegnato alla storia della musica. Ma ci pare quello giusto, visto che il patto con questo signore l’hanno stretto da tempo, e funziona.
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