Fort Alamo oggi, monumento nazionale degli U.S.A.
Tredici giorni. Il 23 febbraio 1836 l’esercito guidato dal dittatore messicano Antonio Lopez de Santa Ana si era schierato davanti ai bastioni della missione fortificata di El Alamo. All’alba del 6 marzo, lanciò l’assalto che avrebbe portato alla sua conquista e distruzione, nonché allo sterminio totale della guarnigione americana che l’aveva difesa.
Nella leggenda di cui è entrata a far parte come episodio chiave e mito fondante della conquista del west e della nascita degli Stati Uniti d’America, la battaglia di Alamo è raccontata come il culmine tragico di tredici giorni di gloria. Hollywood se ne sarebbe appropriata nel 1960, con il film The Alamo prodotto, diretto e interpretato da John Wayne. Da circa sessant’anni, a quell’epoca, la vecchia missione di Alamo era diventata patrimonio dello stato e monumento nazionale.
In realtà furono tredici giorni di disperazione. Da quando la questione texana era esplosa, l’anno precedente, con la promulgazione delle leggi che revocavano la costituzione messicana del 1824 e lo status privilegiato di cui avevano goduto i coloni immigrati dagli Stati Uniti, un numero costante anche se esiguo di volontari si era diretto verso il territorio della ex repubblica de Cohauila y Texas – che aveva fatto parte della federazione messicana prima di cadere sotto la dittatura del generale Antonio Lopez de Santa Ana -, a combattere per la sua indipendenza.
Personaggio controverso, il generale messicano. Alcuni lo consideravano uno spietato macellaio, altri lo chiamavano il Napoleone del Nordamerica, e certo lui faceva di tutto per accreditarsi come tale. Nelle sue leggi abrogative della vecchia costituzione federale c’erano anche cose egregie, che si richiamavano all’illuminismo francese, come l’abolizione della schiavitù (ampiamente praticata dai coloni americani), e in generale un intento modernizzatore della vecchia colonia spagnola.
La quale, come tutti gli ex possedimenti spagnoli che in quegli anni si liberavano del giogo della madrepatria, si affacciava alla sua nuova esistenza in condizioni di grande arretratezza. Il Messico era ancora spagnolo quando Moses Austin ebbe l’idea di importarvi coloni dagli Stati Uniti. La Spagna aveva saputo soltanto sfruttare le sue colonie americane in cerca di oro, e viveva un declino ormai plurisecolare. Accettò dunque di buon grado la proposta al fine di espandere la popolazione e l’economia della colonia che tuttavia di lì a poco avrebbe perso. Nei primi anni, il Texas fu un paradiso per i gringos che venivano da nord del Rio Grande.
Fino a che Santa Ana, l’eroe dell’indipendenza messicana, non mostrò il suo vero volto schiacciando con inaudita crudeltà le aspirazioni all’indipendenza di uno stato che ormai aveva poco di ispanico e molto di yankee.
Un esercito di volontari statunitensi si stava organizzando a San Antonio, sotto la guida del generale americano Sam Houston. Il quale aveva spedito due dei suoi luogotenenti, William Barrett Travis e Jim Bowie, che era già famoso per aver brevettato il famoso coltello divenuto accessorio indispensabile di ogni frontier man, a fortificare la missione di Alamo che si trovava sulla strada che l’esercito di Santa Ana avrebbe dovuto percorrere per andare incontro a Houston.
Le voci delle crudeltà messicane e il richiamo della libertà dal giogo straniero (in pratica il rinnovo dell’epopea della rivoluzione che aveva dato i natali agli Stati Uniti affrancandoli dall’Inghilterra) conferirono un alone romantico alla causa dei coloni schiavisti del Texas. I volontari che affluirono ad Alamo non erano tanti, ma tra loro c’erano figure leggendarie come Davy Crockett, uno dei primi personaggi mitologici della conquista del West.
Erano pochi, disperatamente pochi. Circa 200 uomini più o meno abili alle armi a fronteggiare i 1.500 regolari schierati da Santa Ana. Travis scriveva a Houston di aver bisogno di rinforzi. Houston gli rispondeva a malincuore di tenere duro e arrangiarsi, l’esercito americano non era ancora pronto. Santa Ana propose a Travis di arrendersi. Quest’ultimo gli rispose in modo beffardo, dopodiché riunì la guarnigione, tracciò una riga in terra con la sciabola invitando a oltrepassarla tutti coloro che sarebbero rimasti a combattere quella battaglia senza possibilità di vittoria. La oltrepassarono tutti.
La notte tra il 5 ed il 6 marzo 1836 sotto le mura di Alamo risuonò il deguello. Il canto della morte. Significava che la mattina dopo i messicani non avrebbero fatto prigionieri. Nessuna pietà per gli sconfitti.
E così fu. L’assalto prese il via alle 5 di mattina, ed alle 6,30 si era concluso. Della guarnigione di Alamo si salvarono solo alcuni bambini e degli schiavi affrancati, oltre ad un ex combattente delle guerre napoleoniche in Europa che sarebbe stato l’unico testimone oculare in grado di raccontare la vera storia di Alamo, e dei suoi tredici giorni di gloria.
La tragica fine di Fort Alamo accrebbe nei patrioti texani e negli americani che scendevano a sud per dare loro man forte il desiderio di regolare i conti con lo scomodo vicino meridionale. Tra gringos e chicanos non era mai corso buon sangue, le crudeltà efferate raccontate da chi riportava notizie sulla strage alla vecchia missione francescana aggiunsero a quello di indipendenza il desiderio di vendetta.
Il 21 aprile Sam Houston fu finalmente pronto ad affrontare Santa Ana a San Jacinto. Nel breve discorso che tenne, come d’uso, alle truppe per incitarle, praticamente pronunciò solo tre parole, consegnandole alla leggenda: «Ricordatevi di Alamo».
Quel giorno, non ci fu pietà per i messicani. Lo sconfitto generale Santa Ana dovette firmare il decreto che concedeva l’indipendenza al Texas sotto la minaccia delle armi dei gringos. La nuova repubblica, lo stato della stella solitaria, si sarebbe unito agli Stati Uniti d’America soltanto dieci anni dopo, diventando una delle cinquanta stelle dell’Unione.
«Il nemico mi ha chiesto di arrendermi, ho risposto loro con un colpo di cannone, non mi arrenderò mai»
(William B. Travis)
Nella parte sud del texas
Vicino alla città di San Antonio
Come una statua equestre
Cavalca solitario un cowboy
Vede mucche brucare l’erba
Dove un secolo prima
I fucili di Santa Ana sputavano fiamme
E i cannoni rombavano
I suoi occhi si velano
Il suo cuore batte più forte
Lentamente, si toglie il cappello
In omaggio agli uomini di Alamo
Ai tredici giorni di gloria
All’assedio di Alamo
(Marty Robbins, Ballata di Alamo)
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