Musica

The Ballad of Easy Rider

Tempo di revivals, di vecchi e nuovi sogni alimentati e veicolati dal cinema. A Cannes va in scena la 72^ edizione del Festival. In attesa di conoscere la nuova Palma d’Oro, si celebra quella di 50 anni fa. Ritorna, in versione restaurata, Easy Rider, che in Italia fu sottotitolato Libertà e paura. Il film manifesto della controcultura giovanile degli anni sessanta e settanta, il film che fece parlare di Nuova Hollywood. La vecchia, con i suoi kolossal a lieto fine ed i suoi miti di cartapesta, era a quell’epoca andata in crisi come tutta la società americana e mondiale.

La contestazione portava alla ribalta nuovi personaggi anche al cinema. Antidivi destinati a diventare loro malgrado divi per chi rifiutava il divismo, il carisma, qualsiasi tipo di influenza che non fosse quella della cultura beat e delle droghe che facilitavano ogni tipo di viaggio. Per chi sognava di andare via, scappare da tutto e tutti, magari in sella ad un chopper della Harley Davidson come quella Captain America che finì per simboleggiare tutto il film (e tutto ciò che c’era dietro di esso) come una delle più potenti icone di tutti i tempi.

Dennis Hopper, il regista – attore emergente che ebbe l’idea del film, mise a cavalcioni della moto più cult di allora e di sempre un altro outsider come lui. Solo, rispetto a lui, aggravato dal peso non indifferente sulle spalle di un cognome assai difficile da portare.

Henry Fonda, di cui pochi giorni fa ricorreva il 114° anniversario della nascita, era una leggenda del cinema americano. Era l’americano per eccellenza al cinema. Henry, Hank per gli amici, aveva due figli: l’inquieta e turbolenta Jane, con cui litigava a morte per gli atteggiamenti anticonformisti e a volte antiamericani di lei (che manifestava spesso a favore dei vietcong e per di più senza reggiseno), ma a cui riconosceva personalità pari alla propria, e Peter, di cui non faceva mistero di non avere grande stima, ritenendolo quasi un buono a nulla.

Captain America, Harley Davidson

Captain America, Harley Davidson

Eppure, se facciamo un gioco e ci chiediamo così su due piedi il titolo di un film leggendario interpretato dal padre, facciamo fatica a ricordarcene uno. Se la stessa domanda viene fatta a proposito del figlio, la risposta sale a tutti alle labbra immediatamente: Easy Rider. L’abbiamo visto tutti. Ci siamo persi tutti sulle strade d’America in preda a quel senso di libertà ed alla paura di viverla.

Dennis Hopper Billy e Peter Fonda Wyatt detto Capitan America diventarono – fotogramma dopo fotogramma – una leggenda che riassumeva sogni, aspirazioni ed in ultima analisi incubi di una intera generazione. Nel loro viaggio da Los Angeles alla Louisiana, dalla west coast dei miti giovanili alla east dove si consumavano e preparavano vecchie e nuove tragedie americane, i due outsiders vennero affiancati ben presto da un terzo, destinato a sua volta ad una grande carriera che iniziò proprio nei panni dello spostato, disadattato avvocato di strada George Hanson: Jack Nicholson cominciò allora ad inquietarci e ad affascinarci con quegli occhi che da soli riassumevano tutto il film, tutta l’America che esso voleva raccontare, riuscendoci alla perfezione.

Non esiste capolavoro cinematografico che non abbia ad accompagnarne le sequenze un capolavoro di colonna sonora. Ed ecco dunque outsiders musicali consacrarsi anche in questo caso leggende. Come gli Steppenwolf di Born to be wild. Come i Byrds, che consegnarono alla storia della musica questa indimenticabile ballata.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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