Politica

Tocca a lei

Giorgia Meloni

L’arrivo di Giorgia Meloni alla sede di Fratelli d’Italia è una standing ovation come la politica nostrana non ci ha mai abituato a vedere. Roba da elezioni presidenziali americane. Giorgia sorride, fa quasi tenerezza. La lunga traversata del deserto rincorrendo una politica paesana, che sembrava destinata a sbarrare la strada per sempre non solo alle donne ma a qualsiasi modernità, è finita. La piccola lady di ferro ha vinto, contro tutto e contro tutti, avversari, alleati, opinion leaders autorevoli ed un tanto al chilo. Stanotte sul palco sotto i riflettori c’è solo lei. The winner takes it all.

Il paragone con Margaret Thatcher si impone d’obbligo, non soltanto per il metallo di cui è fatto il suo sistema nervoso, per la sua determinazione che viene da lontano, da secoli di servaggio femminile. Ma anche perché la Giorgia che stanotte giustamente festeggia domattina già dovrà mettersi al lavoro per strappare al dramma ed al rovinoso declino il suo paese, che come l’Inghilterra del 1979 sembra più non avere un futuro.

Si godrà poco la sua luna di miele ed i suoi record, Giorgia Meloni leader di Fratelli d’Italia e verosimile premier del prossimo governo (Mattarella e traccheggi permettendo). La sua maggioranza è del 44%, che con il Rosatellum vuol dire maggioranza assoluta. Ma i suoi alleati sono più infidi del Gatto e della Volpe di Collodi. Il venditore di fumo Salvini, che festeggia un meritato ritorno della Lega alle posizioni dell’ultimo Bossi; il cavalier Berlusconi, che ha l’unico pregio di intendersi con Putin, poi per il resto non sappiamo più a cosa possa servire se non alle battute a sfondo sessuale; il battitore libero (quando gli fa comodo) Toti, che sta sulle scatole sia ai compagni che agli avversari, soprattutto per i suoi trascorsi da duro de noantri nel momento in cui la popolazione gli chiedeva misure a sostegno anti Covid e di tolleranza verso gli anti Vax.

Soprattutto, Giorgia on our mind, per dirla con un Ray Charles che forse l’avrebbe anche amata, eredita un paese alla frutta, che ha bisogno subito di mettere alla prova le sue promesse ed i suoi programmi. Le prime bollette energetiche invernali incombono, e non è detto che tante famiglie italiane sopravviveranno. Il resto dei temi andati in campagna elettorale, ci sia consentito dirlo soprattutto con buona pace del PD che sopravvive soltanto grazie a zoccoli e zoccole, sono monnezza.

La piccola lady di ferro dovrà dimostrare di essere due Thatcher e mezzo, se vuole sopravvivere lei insieme all’Italia. Non ha il Commonwealth né la Borsa di Londra alle sue spalle. Ha invece una massa di buffoni di ogni ordine e grado, alleati e avversari indistintamente, che non vedono l’ora di farle il primo sgambetto, per rimettere, come si suol dire, la prima donna primo ministro all’acquaio. A conferirle l’incarico non ha la buonanima della regina Elisabetta con i suoi leggendari senso dello stato e fair play, ma invece ha un presidente della repubblica che va rimandato a casa senza neanche un ringraziamento per i servizi resi, ma che intanto attirandola nelle paludi del Quirinale può causarle il primo esaurimento nervoso.

Giorgia viene dalla Garbatella, a Mattarella se lo magna. Ma non può magnarsi tutti i suoi colleghi, maschi e qualche femmina, che non sperano altro di veder fallire il primo storico esperimento di una donna al comando.

Eppure, se Giorgia ce la fa, sarebbe un bel successo. Non solo per salvare economia e società italiane, ma anche per stabilire un record. E che record. Certo, arriviamo 43 anni dopo l’Inghilterra, ma – udite, udite! – siamo in vantaggio con la Francia dove, malgrado tutti i suoi esprits libres, le donne non hanno mai governato e le premieres dames sono soltanto le mogli di presidenti che lasciano sempre più perplessi.

Giorgia si è fatta da sola. Come l’Onorevole Angelina di Anna Magnani dalla borgata è arrivata in Parlamento, nella stanza dei bottoni. Giorgia sa dove vuole arrivare, dove vuole portare l’Italia. Chi l’ha votata crede che sia l’unica risorsa rimasta a questo paese. Se fallisce la lady di ferro, fallisce tutto. E chi sarà il successore della Meloni ha poca importanza, uomo, donna, bestia o creatura fantastica.

E’ difficile fare peggio di tutti i maschi che l’hanno preceduta, nessuno escluso. Ma salvare l’Italia stanotte decisamente sembra una mission impossible. Proprio di quelle che piacciono a Giorgia. Che Dio benedica lei e questo paese.

Dio salvi il prossimo premier, parafrasando un inno che abbiamo sentito cantare spesso di recente. Dio salvi tutti noi.

 

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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