Edgar, pardon Gian Piero Ventura non è più il C.T. della Nazionale. Dimissioni dell’interessato? No, esonero da parte del datore di lavoro, la F.I.G.C.. Il che significa che la stessa dovrà corrispondergli – da qui a giugno data di scadenza del contratto – la bellezza di 866.000 euro. In otto comode rate mensili da 110.000.
Chiamiamola buonuscita, e se vogliamo prenderla a ridere – dice che al mondo ci sono problemi peggiori di una mancata qualificazione sportiva, ed è vero, anche se questa è stato valutato che provocherà un danno economico diretto o all’indotto di circa 100 milioni di euro, niente male – rubrichiamola come premio per l’uscita.
Gian Piero Ventura resterà nella storia dei CT azzurri come il peggiore, insieme a quel Foni che mancò lo stesso obbiettivo sessant’anni fa. Con l’aggravante di avere allora in formazione fior di campioni, che stavolta purtroppo paiono in via di definitiva estinzione.
Pare che nell’immediato post-partita, Ventura sia andato a consultare il contratto sottoscritto con la F.I.G.C., che d’altra parte era altrove a fare lo stesso. A quanto pare, la propria coscienza non l’ha consultata nessuno. In Italia non si danno mai le dimissioni – diceva la buonanima del senatore Giulio Andreotti – c’é sempre il rischio che te le accettino. E dunque, l’idea non sfiora né il suddetto Ventura, né il suo datore di lavoro pro-tempore. Quel Tavecchio ormai impresentabile e sconfessato dallo stesso C.O.N.I. nella persona del presidente Malagò, che lungi dal farsi da parte lancia proclami di rivincita.
«Voglio un grande allenatore», tuona Tavecchio, non nascondendo di pensare a Carlo Ancelotti. Già, ma la domanda è: ci viene l’ex allenatore del Bayern a mettere in gioco la prestigiosa faccia in questo marasma che è il calcio italiano? Se è scappato Conte, Ancelotti accetterà di tornare? E a quali condizioni?
Nel paese in cui non si dimette nessuno e tutti fanno affari con i beni pubblici, la Nazionale azzurra pare sempre più derelitta, non essendo altro che la punta dell’iceberg in via di collasso che è il nostro movimento sportivo calcistico. Ci sarebbero provvedimenti drastici da prendere, contestualmente alla scelta del prossimo C.T. (di sicuro la designazione di qualche altro oscuro travet federale o di qualche allenatore nostrano di seconda o terza mano non aiuterebbe). Ci sarebbe da mettere un limite al dilagare di stranieri (tra l’altro tecnicamente irrisori) e allo strapotere di direttori sportivi e procuratori. Ci sarebbero da rivitalizzare le scuole calcio disseminate per la penisola, e che non è possibile non producano più un talento che uno. Ci sarebbe da porre limiti a certe gestioni di bilancio allegre da parte delle società, a consentire loro d’altro lato sgravi fiscali sul modello spagnolo e/o ristrutturazioni e compartecipazioni sul modello tedesco. Ci sarebbe da alleggerire la struttura burocratica che opprime tutto in questo paese, e dunque anche e soprattutto lo sport, consentendo al calcio di ammodernare non solo i propri impianti ma un po’ tutto quanto, per attirare finalmente quei benedetti capitali stranieri che stanno facendo in modo per noi letale la differenza con quelli che una volta erano campionati nostri pari grado. Adesso vedi Liga, Bundesliga e Premier League e ti viene semplicemente da piangere.
Ci sarebbero tante cose da fare, e subito. Ma che ad esse ponga mano il C.O.N.I. a direzione P.D., la Federcalcio a direzione Lotito – Tavecchio e la Lega Calcio che ormai non è a direzione più di nessuno ci crediamo poco. Seguiteremo ad affondare ancora per un po’, il fondo in queste cose non esiste, non si tocca mai. Vedremo gli altri giocare quei Mondiali di cui una volta eravamo padroni. Vedremo altre lacrime, come quelle trattenute da a stento da Gianluigi Buffon dopo il fischio finale a San Siro.
Vedremo i maggiorenti e gli addetti ai lavori del nostro calcio prodigarsi in ennesime figuracce, si chiamino Tavecchio, Ulivieri o come si chiamino. Ospiti che vengono a darci lezione (l’allenatore svedese che raccoglie la spazzatura nello spogliatoio, alzi la mano chi non si è vergognato come un cane) e che noi ripaghiamo fischiando il loro inno. Chapeau, Daniele De Rossi, che alla fine è salito sul pullman svedese a chiedere scusa per la cialtroneria dei propri connazionali.
Chapeau. Lui e Buffon sono gli ultimi di una generazione e di un mondo che ormai paiono irrimediabilmente lontani, come il Giurassico. Era appena dieci anni fa.
Siamo morti che camminano, e che da stamani vanno a lavorare per pagare la buonuscita a chi ci ha regalato la più ignominiosa delle uscite. Ad pejora.
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