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Vietnam, Adagio for Strings

(Nella foto, Tom Berenger e Willem Dafoe, le due “anime” di Platoon)

«Possiamo non essere stati la più grande delle generazioni, ma siamo stati i più grandi della nostra generazione»

(un veterano del Vietnam)

«L’America le ha suonate a tanta di quella gente che secondo me è arrivato il momento che ce le suonino. Tutto qui».

(Platoon, sgt. Elias Grodin)

maggio 1954, la bandiera rossa su Dien Bien Phu

Maggio 1954, la bandiera rossa su Dien Bien Phu

Dovevano restarci per pochissimo tempo, giusto quello necessario ad addestrare le truppe locali. Gli americani si ritrovarono impantanati nella jungla del Vietnam senza quasi rendersene conto, al termine di una escalation cominciata tempo addietro, quando il sud-est asiatico era ancora uno dei tanti possedimenti coloniali europei.

L’11 ottobre 1954 i Viet Mihn, la Lega per l’Indipendenza del Vietnam guidata dal leader comunista Ho Chi Minh, prese ufficialmente il controllo del Vietnam del Nord. Il paese era stato diviso in due, lungo il 17° parallelo, dalla Conferenza di Ginevra che aveva sancito la pace al termine della lunga guerra di decolonizzazione intrapresa dai vietnamiti contro la Francia.

Ho Chi Minh

Ho Chi Minh

A Dien Bien Phu nella primavera precedente i francesi avevano subito una rovinosa sconfitta, e avevano fatto pace prima di tutto con l’ipotesi di rinunciare al loro impero coloniale, come avveniva in tutto il mondo in quel periodo. I Viet Minh esistevano dal tempo dell’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale, e avevano combattuto prima l’Impero del Sol Levante e poi l’Unione Francese ricostituita nel 1945 dopo la resa imperiale.

Per i Viet Mihn si era trattato soltanto di sostituire un nemico al precedente, e di continuare la guerra di liberazione nazionale approfittando del vento favorevole creatosi nel dopoguerra contro il colonialismo non più sostenibile (materialmente e moralmente) e grazie anche a quanto stava succedendo in Cina, dove un leader altrettanto pragmatico e carismatico di Ho Chi Minh, Mao Tse Tung, stava istituendo la Repubblica Popolare Cinese a guida comunista.

Dal 1954, dunque, i due Vietnam – quello comunista del nord e quello rimasto in mano imperiale al sud, con il dittatore Ngo Dihn Diem che si sostituì poco dopo al deposto imperatore Bao Dai e che disattese subito le aspettative circa le libere elezioni stabilite a Ginevra – si fronteggiarono dapprima con la propaganda e poi con le armi.

Vietcong

Vietcong

Si era in piena Guerra Fredda, e come accadeva in Germania ed in Corea, la zona divenne un’area di confronto molto più esteso della dimensione locale. Da Hanoi, la capitale del nord che aveva sostituito quella imperiale di Hue, partivano adesso i Vietcong, partigiani esperti nel combattimento nella jungla, diretti al Sud per destabilizzarlo e attrarlo nell’orbita comunista.

A Saigon, il sempre più screditato regime dittatoriale di Diem era in difficoltà a rispondere efficacemente. Le popolazioni locali scivolavano nesorabilmente verso simpatie filocomuniste, e gli americani si resero conto di doversi impegnare sempre più a fondo, se volevano salvare almeno il Sud.

Attorno al 1963, all’epoca del doppio attentato che spazzò via prima il presidente vietnamita Diem poi quello americano Kennedy, gli USA non si limitavano più ad addestrare i soldati vietnamiti del sud, ma ne inviavano di propri, in quantità sempre crescente.

Saigon, 30 aprile 1975

Saigon, 30 aprile 1975

Per 12 anni, i ragazzi americani sarebbero andati a morire nella jungla vietnamita assieme a quelli del posto. Le amministrazioni Johnson e Nixon si trovarono in grave difficoltà a condurre una guerra per la quale l’esercito USA non aveva una preparazione specifica e contro la quale l’opinione pubblica americana e mondiale si stava schierando sempre più compatta.

L’agonia del Golia americano contro il Davide vietnamita durò fino al 30 aprile 1975, quando l’ultimo dittatore del sud, Van Thieu, scappò a Taiwan e gli ultimi membri del personale USA salirono sugli ultimi elicotteri che si levavano in volo dal tetto dell’ambasciata USA a Saigon.

Nella quale stavano entrando i Vietcong vittoriosi, e che il giorno dopo l’avrebbero ribattezzata Città Ho Chi Minh in onore del leader che aveva guidato la lunga lotta per l’indipendenza ma non aveva fatto a tempo a vederne la fine, essendo scomparso il 2 settembre 1969.

Il brano di oggi parla di tutto questo, e non ha bisogno di presentazioni.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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