«Salvaci, o Signore, dalla furia degli Uomini del Nord»
(antica preghiera medioevale inglese)
CONTIENE SPOILERS
Con la seconda metà della sesta stagione di Vikings si conclude l’epico racconto iniziato nel 2013 su History Channel. La storia di Ragnar Lothbrok e della sua discendenza giunge a conclusione. Era iniziato tutto con Ragnar, un giovane figlio di contadini con un piccolo appezzamento di terra e un sogno più grande di qualsiasi altro vichingo suo compagno. Spingersi a Ovest invece che a Est, solcare mari fino ad allora mai solcati in cerca di fama e fortuna.
Nel corso della sua vita ha avuto numerose mogli e quelle rappresentate nella serie sono solo due delle tre che si suppone abbia realmente avuto. Si suppone appunto, perché sebbene sia esistito veramente un Ragnar Lothbrok le sue gesta sono in parte avvolte tra mito e leggenda, così come quelle dei suoi figli. Nella serie dei suoi numerosi figli non tutti raggiungeranno l’età adulta ma quelli che lo faranno riusciranno ad entrare nella leggenda. Sto parlando di Bjorn la corazza, Ubbe, Hvitserk e, ovviamente, di Ivar il Senz’ossa.
Quella grandiosa epoca inaugurata da Ragnar ha visto diventare grandi numerosi altri vichinghi, come suo fratello Rollo, che per staccarsi dall’enorme ombra del fratello ha finito per cercare (e trovare) fortuna in Francia. Convertitosi a seguito della più grande battaglia vichinga, a Parigi diventerà Duca e protettore del regno di Francia, assicurandosi così fama e ricchezza per se stesso e per la sua discendenza.
E’ proprio seguendo Ragnar a Parigi che hanno iniziato a farsi un nome Re Harald e suo fratello Halfdan. Sovrani di un piccolo regno vichingo di balenieri seguiranno le gesta della famiglia Lothbrok brillando così di luce riflessa fino ad ottenere per se stessi quella fama così ambita. Harald riuscirà, seppur con qualche sotterfugio, addirittura a diventare Re di tutti i norreni a discapito del prode Bjorn, naturale erede del titolo a seguito della dipartita del padre, ultimo vero Re di tutti i Norreni, riconosciuto in patria e nel mondo.
Lo stesso Re Harald una volta ottenuto tutto ciò che un tempo invidiava a Ragnar, si renderà conto di quanto fosse bramoso più dell’idea che aveva di Ragnar che di esserlo veramente. Sacrificare tutto, finanche il suo stesso fratello, pur di avere quell’ambita corona per poi rendersi conto che oltre ad essere un fardello immenso, non si può ottenere lo status di eroe leggendario con l’inganno. Alla fine resteranno solo la solitudine ed il desiderio di disfarsi di quella staticità che accompagna un sovrano senza più rivali.
Ed è questo stesso senso di ribalta, questo richiamo alle radici vichinghe che porterà Re Harald alla sua gloriosa fine in Inghilterra, da vero vichingo, nella sua ultima avventura a fianco ai membri della famiglia Lothbrok. Viene fatta menzione anche di altri grandi della storia vichinga, come per Erik il Rosso, ma di quest’ultimo la serie ha rivisto le storiche gesta, reinterpretandole in una versione più misera e contenuta.
Lo spettatore guardando quest’ultima stagione, come anche per quella precedente, sarà colto molto spesso da un senso di sconforto dato dalla decadenza di quello che una volta era l’apice dell’Epoca d’oro dei vichinghi creata da Ragnar. Del resto dopo che si raggiunge la vetta si può solo scendere. Numerose volte personaggi diversi si ritroveranno quasi a rompere la quarta parete, parlando così con lo spettatore, chiedendosi (e chiedendoci) se ormai fossero giunti alla fine, se ormai le antiche glorie vichinghe del passato non fossero altro che miti e leggende da raccontare nei secoli a venire.
Questo non fa altro che portare lo spettatore verso un finale dolce amaro, conscio del fatto che non si tornerà più indietro ma che il lascito del più grande vichingo di tutti i tempi proseguirà per vie inaspettate attraverso i suoi figli. L’eredità lasciata da Ragnar era troppo grande per un singolo uomo, anche per i suoi stessi figli. Nessuno di loro riuscirà ad ottenere tutto quello che aveva ottenuto il padre né tantomeno a farsene carico, ed è qui in quest’ultima stagione che nonostante si avverta un senso di chiusura, si scorge la bellezza nell’apprendere come quell’eredità così pesante trovi sfogo spartendosi ed evolvendosi in parti diverse in ciascuno dei suoi figli.
Ragnar è stato molte cose e molti uomini, e l’anima del Eroe Leggendario verrà trasmessa al primogenito Bjorn la Corazza, figlio della leggendaria prima moglie e shield maiden Lagertha. Quel figlio che secondo il veggente avrebbe addirittura superato in fama quella del padre, nella serie prende una via differente da quella che storicamente si crede sia stata la sua storia (lo stesso si potrà dire similmente per gli altri figli nella serie), ma mantiene e preserva quella che è stata la vera leggenda di Bjorn. Un eroe favoloso che da solo ha guidato numerose volte alla vittoria i propri vichinghi, proprio come il padre. E fino all’ultimo sfida e vince anche la morte di fronte ad un temibile esercito di vichinghi Rus, che grazie alla sua immortale leggenda riesce a sconfiggere proteggendo così il suo popolo fino al suo ultimo respiro e oltre.
Ma Ragnar era più di questo. Seppur tra i suoi antenati si pensa vi fosse lo stesso Odino, nella sua vita terrena è nato di umili origini, e oltre alla fama di gloria era anche desideroso di esplorare nuove terre per ottenere quello che era il tesoro più grande di tutti, la terra stessa. Una terra fertile, rigogliosa, capace di dar nuova vita a future colonie vichinghe. Se Ragnar porterà quelle nuove terre alla sua gente conducendola per la prima volta in Inghilterra, attraverso l’anima dell’Esploratore sarà il primo figlio della sua seconda moglie Aslaug, Ubbe, a portare avanti quest’eredità. Ben presto si renderà conto di non condividere la follia conquistatrice del fratello Ivar e anzi partirà con la moglie Thorvi e pochi coloni alla ricerca di terre ancora inesplorate.
Il suo viaggio lo porterà prima in Islanda, terra scoperta da Floki il costruttore di navi tempo addietro, anch’esso ormai alla ricerca della pace interiore nella terra e non più nella spada. Spingendosi più a Ovest Ubbe approderà prima a Greenland (la futura Groenlandia) e poi dopo un interminabile e pericolosissimo viaggio per mare giungerà finalmente in America, per ricongiungersi infine con un redivivo Floki, che legato a filo doppio al destino della progenie di Ragnar, aveva messo le prime radici nel nuovo mondo inconsapevole che il figlio che più di tutti gli ricordava il Ragnar delle origini presto a tardi l’avrebbe raggiunto per accompagnarlo nei suoi ultimi giorni terreni.
L’anima della Follia e del genio militare, lo stesso che aveva reso Ragnar capace di imprese leggendarie come ad esempio la conquista della fortificata Parigi, viene ereditata ovviamente da Ivar il Senz’ossa. La sua follia lo accompagna sin dai primi momenti di vita e pertanto non dà il tempo ad Ivar di crescere e maturare di pari passo per far fronte ai numerosi fardelli cui il figlio di Ragnar si troverà presto a sopportare. Diventerà Re di Kattegat, la patria d’origine dei Lothbrok, grazie al suo ingegno e alle sue vittorie, ma per colpa della sua mente distorta, la sue stesse manie di grandezza, tali da spingerlo ad autoconsiderarsi un Dio sceso in terra, lo porteranno alla sua prima e più grande sconfitta, costringendolo a trovare rifugio dai lontani cugini del suo popolo, i vichinghi Rus.
Attraverso nuove alleanze e macchinazioni riuscirà a portare un esercito mai visto prima fino a Kattegat, per rivendicare il trono di Re di tutti i Norreni, ma sebbene stavolta sia di fronte a vittoria quasi certa, verrà nuovamente fermato dalla immortale leggenda di suo fratello Bjorn. Tornando nuovamente sconfitto in Russia, riuscirà finalmente ad avere il tempo di crescere, stavolta come uomo e non più come tiranno e stratega. Liberando come ultimo gesto il regno dei vichinghi Rus dal loro tiranno, lascerà sul suo trono il giovanissimo e legittimo erede dell’impero come un fratello maggiore riuscendo finalmente a costruire dei legami affettivi basati sull’amicizia e sull’amore piuttosto che sul disprezzo e sull’odio.
Tornato nuovamente a casa, seppure inizialmente disprezzato, intraprenderà con suo fratello Hvitserk e Re Harald un’ultima grande spedizione vichinga in Inghilterra, per onorare quelle che erano le loro radici norrene, e quella che era ed è la sua stirpe leggendaria. In Inghilterra troverà la fine per mano del Re del Wessex Alfred. Nonostante fosse anche stavolta in vantaggio grazie al suo genio militare, decide infine di abbracciare quella morte da vichingo che aspettava da tutta la vita, per mano degli uomini di quel rivale che aveva conosciuto in giovane età, il nipote di Re Ecbert che a sua volta era stato il più grande rivale e infine amico di suo padre Ragnar. Ivar era stato l’ultimo figlio a stargli vicino prima della sua morte in Inghilterra e proprio come suo padre Re Ragnar, che mentre moriva nella fossa dei serpenti aveva Re Ecbert vicino a dargli il conforto e il rispetto che meritava, stavolta è Ivar a morire su quella stessa terra con accanto invece il nipote di Re Ecbert.
Infine l’anima del Martirio è ereditata suo malgrado da Hvitzerk, che passerà tutta la vita ad essere il secondo, rimanendo sempre in secondo piano rispetto ai suoi fratelli, vedrà morire tutte le persone da lui amate, passando gran parte dei suoi giorni ad annebbiarsi tra i fumi dell’alcol e delle droghe per cercare di dimenticare. Proprio come Ragnar che soprattutto nei suoi ultimi anni aveva perso la fede e forse anche il rispetto dei suoi cari, Hvitzerk finisce per fare pace con se stesso e con il fratello che più di tutti gli aveva fatto del male, ma che nonostante tutto non poteva far a meno di amare, Ivar.
Dopo essergli stato accanto nei suoi ultimi momenti di vita, decide come suo padre prima di lui, di fare un ultimo grande sacrificio nella sua vita tormentata, rinunciando così come Ragnar alla sua fede norrena, abbracciando la fede cristiana. Ragnar venne guidato in questa scelta dal suo più grande amico Athelstan, che precedentemente aveva a sua volta abbracciato la fede vichinga per poi ritrovare quella cristiana solo dopo. Hvitzerk invece dopo aver fatto pace con se stesso, decide di rimanere in Inghilterra a fianco di Re Alfred e dei coloni vichinghi rimasti là. Per abbracciare questa nuova via di pace, proprio come suo padre prima di lui, cementa l’accordo sacrificando la sua fede, trovando forse un po’ di sollievo in una vita fatta di dolori e sofferenze.
Così finiscono le avventure dei figli di Ragnar Lothbrok iniziate per vendicare tutti assieme la morte del padre a seguito della dipartita di quest’ultimo in Inghilterra. Le loro strade si separeranno dopo aver trovato l’agognata vendetta, finendo per ereditare ciascuno di loro un pezzo della grande eredità del più grande vichingo di tutti i tempi. Sebbene sia quindi un triste capitolo conclusivo, possiamo esser felici che il meglio di Ragnar è potuto sopravvivere alla sua leggenda, infine. Se da una parte essa, immortale come quella di Bjorn o di Ivar ha continuato a esser tramandata nei secoli, la sua stirpe terrena ha potuto continuare a vivere in una nuova era.
Tale dinastia continuerà con il figlio avuto da Ivar dalla donna che aveva amato durante il suo periodo in Russia, che crescerà all’ombra dell’imperatore russo e dei racconti delle eroiche gesta di suo padre e di suo nonno prima di lui. Continuerà forse con Hvitzerk, ed il progetto di una colonia vichinga stabile in Inghilterra, che era uno dei sogni di Ragnar. E infine continuerà nel Nuovo Mondo con il neonato di Ubbe, il piccolo Ragnar Junior, destinato a crescere nell’eredità del cambiamento e di una vita nuova, che Floki e Ubbe avevano raccolto e portato con fatica oltre oceano, slegandola ormai dalle vecchie regole vichinghe.
Così si conclude Vikings, con Ubbe e Floki, nel Nuovo Mondo, che salutano l’ultimo sole della giornata, ricordando i vecchi tempi di Ragnar, sapendo che ad attenderli l’indomani ci sarà una nuova era.
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